La crescente competizione tra Stati Uniti e Cina: il ruolo critico delle valute
La Cina sta intensificando i suoi sforzi per ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense, la valuta dominante a livello globale, e promuovere l’uso dello yuan nei commerci internazionali. Questa strategia è determinata dalla necessità di attenuare la vulnerabilità economica in caso di conflitto con gli Stati Uniti, riporta Attuale.
Il dollaro, utilizzato per oltre il 50% delle transazioni internazionali, rappresenta un elemento cruciale nella supremazia economica statunitense. Tuttavia, la dipendenza dal dollaro espone la Cina a sanzioni e blocchi commerciali, spingendo Pechino a cercare alternative. Negli ultimi anni, e in modo più accentuato dall’amministrazione Trump, che ha sfruttato la forza del dollaro per ottenere vantaggi commerciali, la Cina ha avviato un processo di dedollarizzazione, mirando a ridurre la propria esposizione al rischio economico.
Strategie adottate includono un incremento dell’uso dello yuan attraverso accordi commerciali con diversi paesi, come dimostrato dalla continua cooperazione con la Russia, specialmente dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, quando le sanzioni occidentali hanno escluso Mosca dal commercio globale. Recentemente, il vice primo ministro russo ha affermato che il 99,1% delle transazioni commerciali con la Cina avviene in rubli e yuan, un dato che, sebbene non verificabile in modo indipendente, evidenzia una crescente predominanza dello yuan nelle relazioni bilaterali.
Non solo con la Russia, ma la Cina sta anche spingendo per l’uso dello yuan in altre partnership commerciali: attualmente, oltre il 30% del commercio cinese avviene in yuan, e il 53% degli scambi totali avviene in questa valuta. Per supportare questa strategia, Pechino ha avviato negoziati con paesi in via di sviluppo come Etiopia e Kenya, per convertire i loro debiti in yuan, un passaggio che comporterebbe un risparmio significativo sugli interessi.
Le banche cinesi hanno aumentato l’emissione di prestiti praticamente esclusivamente in yuan, mentre il mercato degli obbligazioni panda e dim sum, destinati rispettivamente al mercato interno e esterno, ha assistito a una crescita notevole. La creazione della piattaforma CIPS, alternativa a SWIFT, permette ai paesi in via di sviluppo di effettuare transazioni senza l’intermediario statunitense, riducendo ulteriormente la dipendenza dal dollaro.
Tuttavia, nonostante tutti questi progressi, l’uso dello yuan nelle transazioni internazionali rimane limitato. Solo il 4% delle transazioni globali è denominato in yuan, contro il 50% del dollaro, e le riserve di valuta detenute dalle banche centrali a livello mondiale sono ancora dominati dal dollaro, il quale rappresenta il 57% rispetto al 2% dello yuan.
Il regime cinese continua a mantenere severe restrizioni sui capitali, limitando l’espansione dello yuan. Attualmente, Pechino non sembra avere l’intenzione di sostituire il dollaro, ma piuttosto punta a ridurre il rischio connesso alla sua dipendenza. Questo processo di dedollarizzazione si inserisce in un contesto di disaccoppiamento economico tra le due potenze, un fenomeno che prosegue da anni ma che presenta ancora legami profondi tra le due economie.