Dopo la mancata convalida del trattenimento in Albania da parte del Tribunale di Roma, il governo studia un provvedimento ad hoc che blindi l’intesa con Rama ponendo un argine per l’azione della magistratura, in un clima di tensione senza precedenti con le toghe “politicizzate”
Una parte della magistratura politicizzata dà man forte alle opposizioni sbarrando la strada all’azione riformatrice del governo per via giudiziaria. È questo il mantra su cui l’esecutivo di Giorgia Meloni insiste nelle ore successive alla decisione del Tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento dei migranti nel centro di Gjader, in Albania. Una sentenza che ha mandato in fumo miseramente mesi di accordi e proclami, insieme a diversi milioni di euro (si parla di 800 milioni per l’intero meccanismo, 300mila stimati per il solo viaggio in nave, facendo configurare l’ipotesi di danno erariale). Non a caso, la decisione della sezione immigrazione ha portato su livelli asprissimi lo scontro tra governo e toghe, sulla scia di rapporti non esattamente floridi (già ore prima della sentenza Salvini scendeva in piazza con i ministri della Lega contro ‘i giudici rossi pro-Ong’ per il processo Open Arms). Quando poi si è diffusa la notizia che a non convalidare il trattenimento dei migranti in Albania fosse la giudice Silvia Albano, che è anche la presidente di Magistratura democratica, è scoppiato il putiferio.
La decisione del tribunale di Roma
Perché il trattenimento dei migranti non è stato convalidato dai giudici? In base al protocollo siglato tra Roma e Tirana nei centri albanesi dovrebbero essere portati solo i richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri per i quali è prevista la procedura accelerata delle domande d’asilo. Il Tribunale ha però stabilito l’inammissibilità della “procedura di frontiera”, introdotta col decreto Cutro, che velocizza l’iter della richiesta. Il motivo è che i due Paesi da cui provengono i 12 richiedenti asilo, Egitto e Bangladesh, “non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia Ue”. Lo stato di libertà potrà essere riacquisito solo in Italia e dunque i migranti dovranno essere riportati indietro e rilasciati. Allo stesso tempo è stata rigettata la richiesta d’asilo con la procedura accelerata. I migranti potranno presentare ricorso, ma in attesa del pronunciamento dovranno tornare in Italia.
Le mail tra i magistrati
Domenica 20 ottobre, la premier ha rilanciato sui social un passaggio della mail inviata dal sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, inviata ai colleghi e pubblicata dal Tempo. “Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa la sua azione la rilancia”. “Così un esponente di Magistratura democratica”, commenta Meloni.
“La riporti tutta – invita qualcuno nei commenti – ‘Non dobbiamo fare opposizione politica ma dobbiamo difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini a un giudice indipendente. Senza timidezze”. Ma tanto basta. “Tribunali come centri sociali”, sentenzia Salvini. Aldilà del fronte di battaglia aperto, però, “la via albanese” va salvata. Ed è su questo che l’esecutivo si concentra in queste ore pensando ad un provvedimento ad hoc.
Cosa vuole fare ora il governo
Per oggi, lunedì 21 ottobre, alle 18, Meloni ha convocato un Consiglio dei ministri per preparare il decreto legge che dovrà rimediare al “problema” nato dalla decisione del Tribunale di Roma. Il decreto legge dovrebbe concentrarsi su due aspetti: rendere norma primaria, e non più secondaria come il decreto interministeriale, l’indicazione dei Paesi sicuri, quelli verso cui sono possibili i rimpatri. L’altro punto è relativo ai ricorsi contro le decisioni sul trattenimento nei cpr. Come già auspicato da Piantedosi, la maggioranza sta valutando di aprire ai ricorsi in appello, come avvenuto per le richieste d’asilo con il recente decreto flussi, generando tra l’altro l’allarme dei 26 presidenti delle Corti d’Appello, alle prese con organici ridotti e sovraccarico di cause. Non è escluso che per mettere a punto il decreto i tempi si allunghino, ma l’intenzione della maggioranza è andare avanti costi quel che costi salvando le intese fatte e i relativi investimenti. Mattarella segue con attenzione l’evolversi della situazione, mentre le opposizioni chiedono a gran voce le dimissioni del guardasigilli Nordio dopo gli attacchi agli ex colleghi. “Hanno tutto il diritto di chiedere quello che credono. Loro facciano del loro peggio, che noi faremo del nostro meglio”, promette lui.