Napoli anema e core

24.05.2025 12:07
Napoli anema e core
Napoli anema e core

Cinque minuti di recupero, i cori diventano sempre più forti, partono i fuochi d’artificio. Fischio finale, boato allo stadio San Paolo-Maradona e in ogni strada, piazza, vicolo: Napoli batte Cagliari 2-0 e la tifoseria azzurra esplode. È il quarto scudetto ad appena due anni dal terzo. Gli eroi allora erano stati Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia. Quest’anno Romelu Lukaku e, soprattutto, Scott McTominay ribattezzato dai napoletani McFratm (Mc mio fratello). E sono stati propio loro a segnare i due gol che hanno chiuso i giochi e assegnato lo scudetto al Napoli. Due anni fa i punti di distacco dalla seconda erano stati tanti, quest’anno la città ha sofferto fino all’ultima giornata.

Salvatore consuma la lunga attesa dietro la sua bancarella in via Capocci, una traversa del Corso Umberto non lontana dall’Università. Vende cappellini, magliette del Napoli («ma se leggi l’etichetta è scritto non conforme all’originale, nessuna truffa») e profumi che imitano quelli delle griffe più celebri. «Li fanno in Turchia – chiarisce – e sono migliori degli originali. Sui profumi sono maestri». Sono le 9 del mattino della giornata che potrebbe (ma se lo dici in giro ad alta voce ti guardano male) concludersi con la conquista da parte del Napoli Calcio con il primo posto. Salvatore sta per aprire bottega, se così si può dire, e racconta del primo scudetto, quello del 1987, e di Maradona. Gli anni per lui favolosi, quando faceva «i soldi veri» con la riproduzione delle cassette musicali: «Sono stato il primo. Guadagnavo un milione di lire al giorno, nei ristoranti bevevo champagne». Per Salvatore l’attesa del quarto scudetto del Napoli è, ancor prima che occasione di guadagnare e vendere un poco più del solito, un momento di amarcord, un salto in un passato felice, emozionante.

Trascorrono le ore, l’attesa cresce e con essa l’assordante frastuono delle trombette. In strada i passanti dismettono gli abiti normali e cominciano a sfilare con le divise del Napoli. Alle 16.30 Mauro è in pellegrinaggio al murales di Maradona, nei Quartieri Spagnoli. Lo accompagnano la moglie e i figli. Tutti rigorosamente vestiti di azzurro. Racconta: «Siamo arrivati in auto da Paolisi, in provicia di Benevento. Stiamo girando a piedi: piazza Garibaldi, il centro storico, l’omaggio al grande Diego. Andremo a vedere la partita davanti al maxischermo in Piazza Plebiscito e poi a festeggiare. Non so a che ora torneremo a casa». Mauro è operaio in un’impresa che ha sede nel comune dove abita e produce componenti per l’aeronautica: «C’è crisi, nei mesi passati sono venuto tante volte a Napoli per i presidi e le manifestazioni che sono state organizzate dai sindacati. Ora sono qui per un motivo diverso, per la mia passione e me la voglio godere fino in fondo».

Il murales a Maradona è uno dei siti più visitati, intorno è pieno di locali per bere e mangiare. Ornella fa la bar lady, ha allestito al volo un punto vendita di spritz e bevande varie incastonato tra bandiere, sciarpe e striscioni azzurri: «È il secondo scudetto della mia vita ed è ancora più bello di quello di due anni fa». Via Toledo a metà pomeriggio è un fiume in piena di gente. Fumogeni, canti. «Vesuvio erutta, tutta Napoli è distrutta», la risposta ironica agli auspici delle tifoserie rivali, resta uno dei cori preferiti. Nennella, la celeberrima trattoria che è meta ogni sera di centinaia di turisti e porta in tavola pietanze tradizionali e folclore, ha affisso un foglio formato A4 all’ingresso con scritto a penna: «La trattoria resterà chiusa per tifare Napoli». Lo scudetto non si nomina prima che arrivi. O forse sì, a poca distanza una pizzeria ha rotto ogni indugio e ha già esposto uno scudettone con il fatidico numero 4. Sono tante le trattorie che hanno deciso di chiudere causa festeggiamenti.

Sempre in via Toledo un gruppo di ragazzi che parlano spagnolo, anch’essi di azzurro vestiti, attingono a una capiente damigiana in plastica colma di vino rosso. In via Costantinopoli si ripete il rito dello spritz. Pare di stare nel primo pomeriggio della vigilia di Natale, fuochi d’artificio e musica ma in più ci sono i cori e le bandiere. Ai tavolini di piazza Bellini tanti turisti, non pochi in tenuta del Napoli, e due musicisti che provano a fare finta di nulla proponendo rock e jazz. Sulla batteria, però, spunta la bandiera azzurra. Forcella è un delirio. Motorini che sfrecciano tra i pedoni con i clacson spianati, risate e birre, bimbi con i capelli tinti di azzurro. C’è chi ha portato le casse musicali in strada e impazza il karaoke sulle note della Raffa nazionale e del suo Pedro. Quello che non le fece vedere niente di Santa Fè, ma che per i tifosi partenopei resterà a vita il calciatore spagnolo della Lazio il quale ha trafitto l’Inter al novantesimo minuto del penultimo turno della campionato fermando l’incontro sul 2-2 e impedendo così il sorpasso al Napoli. Per giorni in città c’è stata una Pedromania, con immagini votive e statuette.

Alle 20.45 silenzio in strada e tutti a casa seduti di fronte alla tv o davanti ai maxischermi (piazzati pure a Scampia e piazza Mercato). La notizia del vantaggio dell’Inter a Como gela piazza Plebiscito, dove si stimano non meno di 60mila presenze, ma c’è chi ipotizza che si arrivi a 100mila persone, e cala un silenzio preoccupato. Che si trasforma in una esplosione di fuochi di artificio, fumogeni, balli e canti quando McTominay infila la rete del portiere del Cagliari. Il bis di Lukaku chiude la partita al cinquantunesimo minuto. La festa può cominciare e durerà per tutta la notte.

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