Dal 2025 è previsto un nuovo requisito contributivo per ottenere l’indennità di disoccupazione. Una stretta introdotta dall’ultima legge di Bilancio per contrastare i “furbetti”
Nel 2025 cambiano i criteri di accesso alla Naspi, la nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego destinata ai lavoratori che si trovano in stato di disoccupazione dopo un periodo di impiego con contratti subordinati o similari. L’ultima legge di bilancio ha infatti introdotto criteri più stringenti per ottenere l’assegno mensile di disoccupazione, nel tentativo di contrastare un utilizzo della Naspi come “paracadute economico”.
La novità riguarda in particolare chi si è dimesso volontariamente o abbia risolto consensualmente un contratto a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti.
Naspi, cosa cambia da gennaio
Dal 10 gennaio 2025, chi si dimette da un contratto di lavoro e, nei successivi 12 mesi, viene licenziato da un nuovo impiego a termine, dovrà dimostrare di avere accumulato almeno 13 settimane di contributi relativi all’ultimo lavoro svolto.
Chi non soddisfa questo requisito, non avrà diritto a ricevere l’assegno di disoccupazione. Il nuovo criterio avrà un impatto notevole per tutte quelle persone che si trovano a passare frequentemente da un impiego all’altro e che quindi non accumulano molti contributi nell’arco del singolo rapporto lavorativo.
A chi spetta
Come ricorda l’Inps, la Naspi spetta ai lavoratori con un rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l’occupazione, compresi:
- apprendisti;
- soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative;
- personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
- dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.
Per ottenerla, è necessario presentare domanda online entro 68 giorni pena decadenza del diritto, che decorrono a seconda della situazione:
- dalla data di cessazione del rapporto di lavoro;
- dalla data di dimissioni da parte del lavoratore, di recesso da parte del curatore o di risoluzione di diritto del rapporto di lavoro, nel caso di liquidazione giudiziale;
- dalla cessazione del periodo di maternità indennizzato qualora la maternità sia insorta nel corso del rapporto di lavoro successivamente cessato;
- dalla cessazione del periodo di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale, qualora siano insorti nel corso del rapporto di lavoro successivamente cessato;
- dalla definizione della vertenza sindacale o dalla data di notifica della sentenza giudiziaria;
- dalla cessazione del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;
- dal trentottesimo giorno dopo la data di cessazione, in caso di licenziamento per giusta causa.