Netanyahu mira a esercitare pressione sull’Iran, ma entrambi devono affrontare le limitate risorse militari disponibili.

14.06.2025 12:25
Netanyahu mira a esercitare pressione sull'Iran, ma entrambi devono affrontare le limitate risorse militari disponibili.

I resti di un missile iraniano nel deserto giordano e un drone kamikaze intercettato nei pressi del Mar Morto evidenziano la crescente tensione nella regione. Gli Stati Uniti stanno attuando un sistema di difesa aerea per fermare gli attacchi iraniani. I dirigenti di Teheran, nel frattempo, continuano a lanciare minacce verso chiunque supporti Israele, elementi che suggeriscono una conflittualità destinata a perdurare, riporta Attuale.

I tempi

Israele ha dichiarato che l’offensiva lanciata nella fase iniziale dell’Operazione “Rising Lion” è solo l’inizio e si prevede che continui per giorni. L’ex presidente Donald Trump ha confermato che ci si possono aspettare ulteriori attacchi. Ci sono vari fattori che giustificano questa escalation: innanzitutto, gli obiettivi di attacco sono numerosi e distribuiti su un ampio territorio. Inoltre, alcuni di essi sono ben protetti, il che richiede attacchi successivi. Le incursioni finora effettuate hanno colpito solo in parte le strutture nucleari, e la distruzione di impianti sotterranei rimane complicata. I pasdaran possiedono ancora un gran numero di missili, e secondo le stime, il regime ha circa 2000 lanciatori a disposizione. Infine, Israele continua a puntare sulla strategia di decimazione per neutralizzare ufficiali nemici.

Il primo ministro Netanyahu intende mantenere alta la pressione, sperando di innescare rivolte interne in Iran. Le informazioni raccolte dall’intelligence sembrano confermare questa strategia, con il Mossad e l’IDF pronti a sorprendere. L'”impatto” delle operazioni israeliane ha lo scopo di costringere gli ayatollah a rientrare in negoziati per evitare peggiori conseguenze. Sia Israele che Teheran devono pianificare oculatezza nel consumo di munizioni, specialmente per quelle impiegate nelle intercettazioni, che hanno un costo elevato e non sempre sono efficaci.

I moniti

Il Pentagono ha incrementato il supporto ad Israele, aumentando il sistema di difesa antimissile e fornendo aerei e basi di sorveglianza nel Medio Oriente, dal Golfo al Mediterraneo. Anche la Giordania gioca un ruolo importante, abbattendo ordigni diretti dall’Iran. Teheran considera queste azioni come ostili, e ha avvertito anche della sua intenzione di colpire le forze della Francia e della Gran Bretagna, qualora continuino a sostenere Israele. Nonostante le milizie sciite alleate non sembrino al momento attive, gli Houthi continuano a lanciare missili contro Israele e potrebbero non escludere l’uso di droni e ordigni.

I pericoli

La Giordania, confine con la Siria e l’Iraq, si trova in una posizione vulnerabile, segnali di infiltrazioni iraniane sono stati lampeggiati nelle ultime settimane. Allo stesso modo, il Bahrein, sede della V Flotta statunitense, è un altro nodo critico, dove le tensioni tra autorità e la comunità sciita rimangono alte. L’ira degli ayatollah nei confronti degli alleati statunitensi potrebbe essere frenata dalla necessità di mantenere relazioni strategiche con le monarchie sunnite del Golfo. Infatti, gli emiri sono riluttanti a considerare una soluzione militare, preoccupati per la stabilità e il business nella regione; coinvolgerli in conflitti potrebbe rivelarsi controproducente.

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