Assemblea Nazionale del PD: Maggiore Divisione e Riflessione sulle Alleate
La recente Assemblea nazionale del Pd ha messo in evidenza un partito più “testardo” che “unitario”. Solo un terzo delle quasi mille persone convocate all’auditorium Antonianum di Roma ha partecipato al voto, manifestando una maggioranza allargata e una minoranza ben definita. Il programma rimane prevalentemente annunciato, mentre l’importanza delle alleanze si è rivelata trascurata. Non è un caso che, dopo l’avviso del leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ha dichiarato “non siamo alleati con nessuno”, Chiara Appendino ha richiesto “rispetto” al Pd, riporta Attuale.
Nel contesto di questa assemblea, il focus è stato sull’incremento della maggioranza interna e sull’opposizione al comizio di Giorgia Meloni durante la festa di Atreju. Se il primo obiettivo è stato raggiunto da una minoranza “riformista” con 36 astensioni (il 13,8%), il secondo ha visto la segretaria del partito contrapporsi mediaticamente alla premier, spesso criticata su tematiche economiche. Schlein ha infatti guadagnato visibilità, contrastando l’immagine di Meloni con argomentazioni centrate sull’unità e sulle crisi attuali.
Schlein ha delineato chiaramente i temi chiave, dalle questioni salariali alle violenze di genere, dalla sanità universalistica alle posizioni sul referendum per la separazione delle carriere. Ha anche toccato questioni relative al Medio Oriente e al sostegno all’Ucraina, sottolineando l’importanza di affrontare la crisi dell’Europa di fronte alle tensioni con gli Stati Uniti e la Russia.
Nonostante alcuni confronti interni tra i giovani sostenitori del partito e i rappresentanti riformisti sul tema dell’antisemitismo, l’assemblea ha mostrato una mancanza di unità. Emergono, infatti, diverse dimensioni all’interno del Pd: un “partito etico” che sostiene valori neo-idealisti, un “partito programmatico” spinto dagli amministratori, e infine un “partito politico” che appare solo quando si discute delle pressioni politiche esterne. Critiche emergono riguardo a come la destra “regge” nel panorama attuale, sollevando interrogativi sulla capacità dell’Europa di affrontare i nazionalismi contemporanei.