Paradise è la serie che vi farà venire voglia di abbracciare le persone a cui volete bene

28.01.2025
Paradise è la serie che vi farà venire voglia di abbracciare le persone a cui volete bene
Paradise è la serie che vi farà venire voglia di abbracciare le persone a cui volete bene

È abbastanza curioso notare come Dan Fogelman sia riuscito a scrivere alcuni dei film più divertenti e carichi di buoni sentimenti partoriti dai Walt Disney Animation Studios e dalla Pixar fra il 2006 e il 2010, lungometraggi animati come “Cars”, “Bolt” e “Rapunzel”, per poi passare all’ideazione di una serie Tv come “This is Us”. Che ha causato una quantità di pianti tale nel pubblico di tutto il mondo da poter riempire il bacino d’acqua normalmente occupato dal Mar Mediterraneo.

Iperboli descrittive a parte, i 106 episodi di This is us si sono imposti nel panorama televisivo degli ultimi dieci anni, cosa questa attestata anche dai tanti premi vinti dalla produzione targata NBC, dagli inevitabili paragoni che qualsiasi vicenda a base di tragedie familiari varie ed eventuali ha dovuto sostenere. Basti pensare che anche la splendida serie antologica horror di Mike Flanagan “The Haunting of Hill House” è stata etichettata da più voci come un “This is us con i fantasmi”.

Ora che, con questo breve cappello introduttivo, abbiamo cercato di fornire un piccolo ritratto dello scrittore e showrunner delineandone l’importanza nel panorama seriale di oggi (peraltro aggiungiamo: è anche produttore esecutivo dell’acclamata “Only murders in the bulding”), capirete la ragione per la quale nel momento in cui è stata annunciato che avrebbe scritto per Hulu/Disney+ questa nuova Paradise molte antenne si sono drizzate. Ad aggiungere un ulteriore carico di curiosità e interesse c’è anche la presenza, sia come produttore che come protagonista, di quello Sterling K. Brown che con la sua performance in This is Us ha fatto incetta di premi negli anni, dagli Emmy ai Golden Globe passando per i SAG Awards.

La serie debutterà su Hulu negli Stati Uniti e su Disney+ a livello internazionale il 28 gennaio con i primi tre episodi, gli altri cinque arriveranno poi a cadenza settimanale.

Paradise, la trama della serie TV

C’è un’oggettiva difficoltà nel raccontare la trama di Paradise che ha a che fare con una svolta di trama che viene svelata al termine della prima puntata e che pone le autentiche basi dell’intera vicenda.

Un compito non facile che proveremo ad affrontare schivando ogni possibile spoiler. Sia qua che nella nostra analisi per cui vi chiediamo già un piccolo “atto di fede”.

Paradise ci offre uno spaccato su una di quelle tipiche cittadine americane tanto carine e ben messe da sembrare un po’ posticcie e plastificate come la main street di un parco divertimenti della Disney. O la Stars Hollow di “Gilmore Girls” se vogliamo restare in ambito di serie TV particolarmente amate.

In questa città dove il tenore di vita medio sembra decisamente alto, vive, fra gli altri, Xavier Collins (Sterling K. Brown). Dopo una rapida introduzione grazie alla quale scopriamo che abita da solo con sua figlia e suo figlio, lo vediamo partire per una corsetta mattutina. Che arriva fino al cancello di una villa signorile all’esterno della quale c’è un agente di quello che sembrerebbe essere un addetto di una qualche sicurezza privata. È un collega di Collins, anzi un suo “sottoposto”, che lo informa sull’ennesima nottata trascorsa tranquillamente, senza problemi di sorta.

Solo che nel momento in cui Collins entra in servizio quel mattino, va all’interno della magione e si dirige a bussare alla porta del “protetto” per svegliarlo e premurarsi che sta bene, viene messo di fronte alla dura realtà. La persona che doveva e dovevano proteggere, il Presidente degli Stati Uniti d’America (James Marsden), è stato ucciso nella sua camera da letto.

E la città si rivela essere tutt’altro che il paradiso che pareva essere.

Quando è davvero il caso di dire: bravi tutti

Lo ribadiamo. Non è semplicissimo parlarvi di Paradise senza infrangere i vari embarghi sugli spoiler che sono stati imposti, peraltro con logica, dalla Disney.

Perdonateci eventuali giri di parole: sono tutti necessari a far sì che questo articoli v’incuriosisca a dare una possibilità a una serie per cui, come abbiamo affermato nel titoletto qua sopra, vale davvero la pena dire a gran voce “bravi tutti”.

Se, invece, siete capitati da queste parti dopo aver visto la prima puntata o vi siete salvati il tutto per tornarci a visione avvenuta sarete in grado di leggere fra le righe e riempire i vuoti.

Quello che vi possiamo dire è che Paradise affronta in modo molto concreto i risolti emotivi di tutta una serie di paure che fanno parte dello zeitgeist attuale. Specie di una che non citeremo espressamente per i motivi già noti. Ma se aprendo un qualsiasi giornale online o cartaceo non potete evitare di pensare che si stia vivendo in uno strano contesto storico in cui c’è una polarizzata diffidenza verso la classe politica, la convinzione che certe tematiche vengano sminuite e “non ci venga detto tutto” e che i multimiliardari delle big tech siano più simili a dei villain dei fumetti (disegnati e scritti male) che a illuminati mecenati, sapiate che Paradise fa al caso vostro.

Detto così, con delle perifrasi, pare più la descrizione di uno di quei “mappazoni” con cui chef Bruno Barbieri ha a che fare nei vari appuntamenti di MasterChef ed, effettivamente, Paradise correva il rischio di rivelarsi come un grande “mischione” di ingredienti.

La differenza sta tutta nel come uno chef dosa l’equilibrio dei sapori e da chi ha preparato quella pietanza conosciuta come This is Us era lecito aspettarsi un piatto riuscito.

Che è proprio ciò che ci viene proposto in tavola con Paradise. Dan Fogelman, pur dialogando con situazioni e tropi narrativi ben noti, specie nelle storie di fiction degli ultimi 15, 20 anni, è abile a far sì che lo spettatore sorvoli su alcuni cliché perché questa sua nuova storia centra tutto quello che avviene sul vissuto dei personaggi. Un modus operandi, questo, che nei racconti televisivi più riusciti trova sempre la sua ragion d’essere.

Ogni singolo personaggio di Paradise, oltre ad essere perfettamente ed intensamente interpretato – dai già citati Sterling K. Brown e James Marsden senza dimenticare Julianne Nicholson (Omicidio a Easttown) e il meno noto Jon Beavers – è scritto in maniera tale da portare chi guarda a porsi la domanda “Che avrei fatto io in quella stessa situazione?”. Un quesito non scontato quando si è alle prese con una storia che ci viene raccontata e che, semmai, è naturale porsi più che altro quando un narratore riesce sul serio a vincolare chi lo ascolta con un vero e proprio patto degno di essere rispettato dall’inizio alla fine.

Sì piange come in This is Us? Questa è una considerazione troppo personale per cui non ci si può esprimere in modo assoluto. Però chi vi sta parlando in questo momento ha avvertito in più di un’occasione un genuino groppo in gola. Questo possiamo dirlo.

Perché Paradise non c’è nulla di banalmente bidimensionale proprio per la consapevolezza dello spaccato iperbolico che racconta, materiale che scotta, potenzialmente esplosivo più della nitriglicerina. Andava trattato con criterio, la deflagrazione era dietro l’angolo.

E quando arriverete alla tesissima settima puntata, quella che racconta tutti i risvolti di quello che è accaduto davvero, non vorrete fare altro che andare dalle persone che amate e abbracciarle più strette che potete.

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