Riarmo versus Cooperazione
Bentrovati, si chiude oggi a Siviglia, in un silenzio mediatico assordante, la Quarta Conferenza Internazionale sul finanziamento allo sviluppo, che nell’intento degli organizzatori avrebbe dovuto rappresentare «un’opportunità unica per riformare il finanziamento dello sviluppo a tutti i livelli, dare impulso alla riforma dell’architettura finanziaria internazionale e affrontare le sfide che frenano gli investimenti urgenti necessari per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile», riporta Attuale. Obiettivo arduo, senza gli Stati Uniti, grandi assenti al vertice Onu, che si stanno rapidamente sfilando da tutti i progetti di cooperazione internazionale, con danni abnormi. Secondo la rivista medico-scientifica The Lancet, i tagli al bilancio di UsAid, l’agenzia statunitense per la cooperazione estera che forniva il 40% degli aiuti governativi a livello globale ed è stata praticamente smantellata, potrebbero provocare oltre 14 milioni di morti evitabili da qui al 2030, 4,5 milioni dei quali bambini.
«I finanziamenti sono il motore dello sviluppo. E in questo momento, questo motore si sta spegnendo», ha ammesso il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nei suoi commenti di apertura dell’evento. Anche diversi Paesi europei, dalla Gran Bretagna alla Germania, hanno deciso di spostare risorse dalla cooperazione alla sicurezza. L’Italia ha già ridotto il suo contributo sia in termini assoluti che in percentuale del Pil lo scorso anno. Il riarmo rischia di assestare il colpo di grazia al finanziamento allo sviluppo, ossia ai progetti che dovrebbero aiutare i Paesi in via di sviluppo a migliorare le proprie condizioni di vita, a crescere e prosperare.
In questo scenario, gli interventi alla Conferenza si sono focalizzati sulla necessità di mantenere vivo il multilateralismo e non cedere alla “trumpizzazione” delle relazioni internazionali. Il più attivo in questo senso è stato senza dubbio l’ospite spagnolo, il premier Pedro Sánchez, che ha usato il palcoscenico internazionale di Siviglia anche per distogliere l’attenzione dagli scandali che hanno travolto il suo partito. Madrid ha ribadito il suo impegno a raggiungere l’obiettivo concordato negli anni ’90 di destinare lo 0,7% del Pil alla cooperazione internazionale entro il 2030. Cifra che però è ben poca cosa rispetto al 5% del Pil che i Paesi della Nato vogliono impegnare per la spesa militare (anche se la Spagna ha detto di non voler superare il 2%). Solo Norvegia, Lussemburgo, Svezia, Germania e Danimarca hanno finora raggiunto l’obiettivo dello 0,7%.
Il documento finale della Conferenza, intitolato «Impegno di Siviglia» e concordato da 192 Paesi, è secondo El Pais «poco ambizioso e non tiene conto dell’urgente necessità dei paesi del Sud del mondo di allentare i propri impegni debitori». Nell’ultimo decennio, scrive il quotidiano spagnolo, la quota del debito pubblico in percentuale del Pil nelle economie emergenti e in via di sviluppo è cresciuta di oltre 31 punti percentuali, raggiungendo quasi il 70%. «Di fatto, il debito pubblico di questo gruppo di Paesi è cresciuto a una velocità doppia rispetto a quello dei Paesi più avanzati, raggiungendo i 32 trilioni di dollari». Non solo. Dal 2020, il tasso di interesse a cui i Paesi in via di sviluppo prendono denaro in prestito è da due a quattro volte superiore a quello degli Stati Uniti, un Paese con un livello stratosferico di debito pubblico. Nel 2023, il servizio del debito per questo gruppo di Paesi ha raggiunto i 487 miliardi di dollari. Soldi sottratti alle politiche interne di sviluppo, alla sanità o all’istruzione.
A seguire molte altre notizie dal Global South. Buona lettura.