La necessità di affrontare la crisi migratoria
“La disperazione non la puoi arginare: se metti un tappo da una parte, prima o poi riemergerà dall’altra.” Queste parole di Filippo Ungaro, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), risuonano con forza mentre è in corso l’assistenza ai 60 sopravvissuti al naufragio avvenuto ieri, attualmente accolti nell’hotspot di Lampedusa. Ungaro sottolinea la “visione miope” dei governi degli ultimi vent’anni – “di qualsiasi colore politico”, specifica – che si sono limitati a fare dichiarazioni senza affrontare le cause profonde che portano migliaia di persone a mettere a rischio le proprie vite in mare, in cerca di opportunità migliori.
Il rappresentante dell’Unhcr mette in evidenza che il drammatico naufragio di Lampedusa sottolinea come il fenomeno migratorio lungo la rotta del Mediterraneo sia ancora attuale e non si sia mai arrestato. La questione dell’aumento della mortalità in mare è preoccupante: “Dal 1° gennaio all’11 agosto 2025, si sono registrati già 675 morti e dispersi sulla rotta centrale del Mediterraneo, quella che collega Libia e Tunisia a Lampedusa. L’incidente di ieri conferma che è una delle rotte più letali a livello globale”.
La continua ondata di sbarchi, sebbene in numero ridotto rispetto a un decennio fa, solleva interrogativi sugli accordi fra l’Unione Europea e i principali paesi di origine dei migranti per contenere gli arrivi maritime: “Le soluzioni necessitano di approcci più complessi e richiedono il coinvolgimento a livello regionale ed europeo. Sono cruciali i corridoi umanitari e lavorativi”, aggiunge. Tuttavia, riconosce che questi progetti sono ancora esigui: “L’Italia ha fatto un passo significativo dotandosi di una legislazione innovativa a livello internazionale, ma ora è il turno dell’Unione Europea di contribuire”.
Gli esperti classificano gli attuali flussi migratori come ‘misti’, un termine che indica la complessità del fenomeno. “A chi fugge da conflitti – l’Unhcr ha registrato oltre 122 milioni di rifugiati nel mondo nel rapporto dello scorso giugno – si uniscono i migranti economici e climatici, che sono costretti a lasciare le loro terre a causa del cambiamento climatico”, spiega Ungaro.
Il naufragio di ieri rappresenta già uno degli episodi più gravi vissuti in prossimità di Lampedusa negli ultimi anni. Ma cosa rimarrà una volta che il clamore mediatico svanirà? “Ciò che resta è l’incapacità politica di affrontare le cause profonde. Non parlo solo della risoluzione attuale dei conflitti, ma anche del supporto tangibile per i paesi a basso reddito. Un approccio proattivo gioverebbe anche all’economia europea più di quanto si possa pensare”, afferma.
Qual è il significato di questa affermazione? “Stiamo vivendo un inverno demografico nei paesi Ue, con un’urgenza di manodopera in molteplici settori produttivi. È essenziale abbandonare la retorica elettorale e cominciare ad affrontare la questione migratoria in modo pragmatico e lungimirante, coniugando il tutto con i nostri valori morali”, conclude Maddalena De Franchis.
Siamo veramente all’anno zero. Ogni volta che sento di naufragi così, mi viene da pensare che ne discuteremo per un po’, poi il tutto svanirà… È davvero inaccettabile che in Europa, con tutte le risorse che abbiamo, non si riesca a trovare un modo per aiutare queste persone. Dobbiamo smettere di vedere i migranti come un problema e cominciare a considerarli per quello che sono: esseri umani in cerca di una vita migliore.