Sergei Markov: “Putin sotto pressione per dire no e giustificare maggiori armi a Trump”

25.11.2025 07:55
Sergei Markov: “Putin sotto pressione per dire no e giustificare maggiori armi a Trump”

Il piano di Zelensky e le pressioni degli Stati Uniti secondo un ex consigliere di Putin

«Altro che prendere o lasciare entro il 27 novembre, sarà ancora lunga. E potrebbe anche non finire». Sergei Markov, politologo e consigliere di Vladimir Putin dal 2011 al 2019, analizza la situazione attuale tra Russia e Ucraina con un approccio non convenzionale, evidenziando come il piano elaborato da Volodymyr Zelensky con i leader europei non sia «affatto stupido», riporta Attuale.

Markov sottolinea che ormai sono passati tre mesi da eventi significativi sul campo, durante i quali ha mantenuto una critica attiva nei confronti delle politiche occidentali e delle loro relazioni con la Russia. Etichettato come agente straniero per i suoi legami con l’Azerbaigian, continua a commentare gli sviluppi internazionali, sostenendo la sua visione pragmatica e cinica della realtà geopolitica.

Secondo lui, l’atteggiamento degli Stati Uniti potrebbe cambiare sotto la pressione dei repubblicani legati all’industria militare, i quali spingeranno per prolungare e rivedere i negoziati in modo da rafforzare le posizioni contrarie a Mosca. Markov afferma che la demilitarizzazione e la denazificazione rimarranno come rivendicazioni, ma che Putin non è rigidamente attaccato a queste posizioni.

Discutendo sull’imposizione di elezioni in Ucraina entro cento giorni, Markov pone in dubbio non solo la posizione di Zelensky, ma anche il futuro del suo governo. «Putin non odia Zelensky», afferma, «lo disprezza, il che è diverso. Non gli riconosce alcuna legittimità e teme che dopo Zelensky arrivi qualcuno di peggio». La conversazione tocca anche le pressioni su Zelensky per unire il paese contro le accuse di un piano considerato “filorusso”, mentre gli sviluppi recenti suggeriscono che potrebbe esserci una revisione sostanziale del piano di pace portato da Trump a Mosca.

Markov evidenzia che esiste un punto non negoziabile per la Russia: il riconoscimento del russo come lingua statale in Ucraina, un tema che sembra essere già sparito nelle controproposte europee. «Gli occidentali vogliono escluderlo di default, ma Putin non ci rinuncerà mai», avverte, suggerendo che questo potrebbe portare a un fallimento nel negoziato.

Infine, analizzando il ruolo di Trump, Markov indica una ripetizione dei sentimenti di isolamento dell’Europa. Se il presidente americano non riesce a raggiungere un accordo, l’Europa si troverà a dover gestire la questione ucraina da sola, un’opzione vista come favorevole da Putin.

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