Rischi e bellezze dell’alta montagna, secondo Paolo Cognetti
Roma, 4 novembre 2025 – “In alta montagna il rischio zero non esiste“, afferma lo scrittore Paolo Cognetti, premio Strega nel 2017 con il romanzo ‘Le otto montagne’. La recente tragedia che ha colpito alcuni alpinisti italiani ne è la tragica conferma: “Oggi, con l’accuratezza delle previsioni del tempo, eventi come quelli che sono accaduti sono fortunatamente molto rari. Però quello che è successo è la dimostrazione che in alta montagna l’assenza di rischio non esiste”, sottolinea Cognetti, riporta Attuale.
L’autore, noto anche per ‘La felicità del lupo’ e ‘Giù nella valle’, continua: “Siamo tutti vicini a queste persone e alle loro famiglie. Il pensiero, però, è che erano dove desideravano essere, facendo quello che amavano fare. Non c’è da personificare la montagna né con una divinità né con un’entità amica o nemica dell’uomo”.
Conpassione per le vette, riflette: “L’alta montagna non è altro che un luogo molto pericoloso e molto bello. Per alcuni di noi è un posto molto affascinante proprio perché è così difficile da raggiungere ed è così estremo nella sua durezza ma anche nella sua purezza. Soprattutto, più si va in alto più si va in luoghi difficili dove arrivano meno persone. Anche questo è qualcosa che rende l’alta montagna un posto speciale. Sembra quasi fuori dal mondo, quasi non sfiorato dal genere umano che invece è arrivato un po’ dappertutto a lasciare le sue tracce. Lassù abbiamo la sensazione di essere in un luogo puro e ancora intatto come se fosse rimasto così dai tempi della creazione”.
Non dimentica mai il rischio, che è parte integrante della passione per la montagna, osserva Cognetti: “Il pericolo fa parte dell’alta montagna, questo gli alpinisti lo sanno benissimo. Sanno di fare qualcosa che può mettere a rischio la loro vita. L’alpinismo è un equilibrio molto difficile tra coraggio e prudenza: se una persona non fosse coraggiosa non lo praticherebbe ma se uno non fosse prudente non tornerebbe a casa. E quindi è sempre sul filo tra quanto si può osare e quanto invece si deve ascoltare l’istinto di sopravvivenza che ci spinge a tornare giù e metterci al sicuro”.
In conclusione, lo scrittore afferma: “Quella dell’alpinismo è una pratica molto vicina all’esplorazione che sembra appartenere a un’epoca romantica ormai finita da un pezzo. Gli alpinisti sentono dentro di loro lo spirito di esplorazione, avventura, ricerca del proprio limite. Vivono di queste emozioni: l’alpinismo non è tanto una ricerca di prestazioni ma una ricerca di stati d’animo che qualcuno di noi riesce a trovare lassù”.
Non posso credere che ci siano ancora persone disposte a rischiare così tanto per un po’ di avventura! È una passione bellissima, certo, ma i pericoli sono reali… La montagna sa essere sia meravigliosa che spietata. Forse è proprio questo che la rende così affascinante?