L’esito del voto in Germania è la cartina di tornasole di un’Unione Europea sempre più spostata a destra. Il 20% ottenuto dall’Afd spaventa molti osservatori politici, spiazzati da un fenomeno inedito per la Germania: i ceti medio-bassi e la classe operaia della Germania dell’Est post-comunista hanno voltato le spalle alla sinistra e hanno scelto l’estrema destra.
Non è servito a nulla agitare lo spauracchio del nazismo, riempire le piazze contro le ingerenze di Elon Musk. Ingerenze che, poi, non hanno sortito alcun effetto. L’Afd, infatti, era data attorno al 20% già prima dell’endorsement del patron di Tesla.
Certo, c’è stato un aumento significativo dell’affluenza, ma tutta la Germania Est post-comunista, la più colpita dalla crisi, ha virato a destra. Un fenomeno molto ben conosciuto in Italia da almeno 20 anni, ossia da quando gli operai del Nord Italia hanno iniziato a recarsi alle urne con la tessera della Cgil in tasca per votare la Lega.
Alle ultime due elezioni Politiche, quelle del 2013 e quelle del 2018, il Pd si è fermato attorno al 19% e i ceti popolari hanno votato prima il M5S e poi FdI. Nel corso degli anni questo fenomeno si è esteso in tutto il mondo perché anche in Francia e negli Usa si è verificato qualcosa di simile con Marine Le Pen e Donald Trump.
La lezione tedesca per Elly Schlein
Il voto tedesco, dunque, dovrebbe rappresentare una lezione per Elly Schlein. Puntare su una piattaforma politica di sinistra può funzionare, forse, in Spagna dove comunque Pedro Sanchez governa solo grazie a un pugno di voti dei partiti autonomisti, ma nel resto d’Europa non è così. La Spd di Olaf Scholz ha ottenuto il 16%, suo peggior risultato di sempre, mentre nel Regno Unito il Labour di Jeremy Corbyn non è mai riuscito a vincere un’elezione e i socialisti francesi sono sotto il 10%.
Guardando all’Italia il quadro politico ci dà alcune indicazioni molto significative. La prima è che parlare continuamente di ‘pericolo fascista’ è anacronistico e controproducente. Elly Schlein, infatti, nei suoi primi due anni da segretaria è riuscita a portare il Pd dal 19% al 24%, ma questi 5 punti sono gli stessi che il M5S ha perso nel corso di questo biennio. Ma non solo.
Rottamare Elly Schlein
In base agli ultimi sondaggi, il distacco tra Pd e FdI non si è affatto ridotto ed è intorno ai 5-7 punti percentuali con il partito della Meloni che veleggia attorno al 30%. Il gradimento personale di Meloni è superiore al 40%, mentre quello della Schlein è inferiore di 10 punti ed è proprio questo il motivo per cui i notabili del Pd, da Franceschini a Prodi, si stanno mobilitando per evitare che sia lei a candidarsi come premier.
È chiaro, dunque, che puntare tutto su una piattaforma più orientata a sinistra non sta funzionando perché il bacino di voti non cresce e perché non tutti (vedi Calenda) sono favorevoli a un’alleanza con i populisti del M5S. Schlein da un lato dovrebbe non soltanto chiedere chiarezza alla Meloni sul posizionamento internazionale riguardo all’Ucraina, ma pretenderla soprattutto da Giuseppe Conte.
Cosa farà il Pd
In sintesi, tre sono le lezioni che arrivano dal voto tedesco: l’antifascismo non fa presa sull’elettorato, la narrazione di un partito orientato troppo a sinistra spaventa i moderati e il Pd deve sapersi scegliere bene i propri compagni di viaggio per dar vita a una coalizione omogenea e credibile.