Roma, 19 novembre 2025 – La chiamano pace, ma stavolta è poco più di una sospensione delle ostilità. La battaglia tra Palazzo Chigi e Quirinale, divampata nelle ultime quarantotto ore, lascia sul campo morti e feriti. Soprattutto, lascia lacerazioni che non si rimargineranno facilmente. A battere la strada della riconciliazione è stata questa mattina Giorgia Meloni: alza il telefono, chiede di essere ricevuta al Colle, riporta Attuale.
Cosa è successo: il caso Garofani
La salita al Colle, insomma, era molto vicina a un atto di sottomissione. Non una resa però: la premier non arretra sulle responsabilità di Garofani, colpevole di aver ridotto sul Corriere della Sera a una “chiacchierata tra amici” il ragionamento in cui rifletteva su come sconfiggere la destra alle prossime politiche. Arriva a parlare di dimissioni, raccontano, “sarebbero opportune”, ma riceve un ‘no’.
A quattr’occhi parla senza alzare i decibel. Ma a colloquio finito, Chigi dirama un comunicato molto agguerrito: “Il presidente Meloni ha espresso al capo dello Stato il suo rammarico per le parole istituzionalmente e politicamente inopportune pronunciate in un contesto pubblico dal consigliere Francesco Saverio Garofani”. Insomma: la responsabilità dell’incidente è solo del consigliere, mentre l’obiettivo di FdI era quello di fugare ogni ipotesi di scontro tra le istituzioni. L’opposto di ciò che si aspettava il Colle. Mattarella, malgrado una riconciliazione per molti posticcia, considerava infatti il caso chiuso.
A Palazzo Chigi arrivano segnali espliciti di insoddisfazione da parte del Quirinale. L’allarme raggiunge anche i vescovi italiani: “Il dialogo, il rispetto e l’equilibrio tra istituzioni deve essere sempre garantito”, sottolinea il presidente della Cei, Matteo Zuppi.
FdI: questione chiusa
Finalmente, in serata i capigruppo di FdI, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, diramano un comunicato congiunto per rassicurare che “dopo il colloquio di oggi tra il presidente Mattarella e la premier Meloni, Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa e non reputa di aggiungere altro”. Gli attacchi contro Garofani dovrebbero fermarsi a questo punto, decretando una tregua forzata, non un ritorno a una vera pace. La vicenda, pilotata da qualche misteriosa manina o casuale che sia, ha fatto emergere tensioni latenti e profonde. Malgrado le rassicurazioni di Giorgia, il capo dello Stato non ha dubitato neppure per un istante che l’attacco fosse rivolto alla sua persona, mirato a minarne l’autorevolezza.
Va detto che sul piano istituzionale non sono immaginabili ricadute. Mattarella, a differenza di alcuni suoi predecessori, è meno incline alla vendetta e ritiene che il perimetro della presidenza non implichi forme di ‘coabitazione’ politica. Da quel punto di vista, nulla cambierà. Ma sul piano dei rapporti umani e personali, la storia è diversa. Gli umori a Palazzo Chigi sono speculari. Giorgia Meloni resta diffidente, è convinta che nei giardini del Quirinale si stia manovrando per sbarrare la strada a lei o a un suo fedelissimo verso la successione a Mattarella nel 2029.
Per quanto nessuno lo ammetterebbe mai, in FdI molti credono che il capo dello Stato tolleri manovre del genere. La relativa fiducia che per tre anni aveva governato i delicati rapporti tra Quirinale ed esecutivo si è dissolta con la sgangherata offensiva di martedì. D’ora in poi, i rapporti tra le due principali istituzioni italiane saranno improntati a reciproca diffidenza e sospettosità incrociate. Non il migliore degli orizzonti possibili.