DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK «Una delle conferenze stampa più fruttuose, professionali e di conferma mai viste! Le notizie false dovrebbero portare al licenziamento di chi partecipa a questa caccia alle streghe e scusarsi con i nostri valorosi guerrieri e tutti gli altri!». E poi, tutto in maiuscolo, con numerosi punti esclamativi (mentre avanza una minaccia legale): «I giornalisti delle fake news di Cnn e New York Times dovrebbero essere immediatamente licenziati. Persone malvagie con intenzioni scadenti!!!». , riporta Attuale.
Successivamente, commentando le immagini — diffusasi in televisione e diventate virali sui social media, il suo palcoscenico preferito — di camion iraniani vicino al sito nucleare bombardato dagli Stati Uniti, ha aggiunto tramite Truth Social: «Le automobili e i piccoli furgoni intorno a quel sito erano in realtà dei carpentieri intenti a coprire le condutture d’aria. Nulla è stato rimosso. Ci sarebbe voluto troppo tempo e sarebbe stato troppo pericoloso. Sono oggetti molto pesanti e difficili da spostare». Così, la sua teoria — il sito “annientato”, come ama definirlo — al momento non è supportata dalle informazioni dell’intelligence (potrebbero volerci settimane, forse mesi) diventa l’occasione per un vero e proprio processo sociale, con i giornalisti come principali bersagli.
Non era sufficiente per Trump osservare il fidato Pete Hegseth, Segretario alla Difesa, attaccare i media durante un briefing mattutino affollato di giornalisti al Pentagono: «Voi, la stampa, soprattutto voi che vi opporrete con tanta forza a Trump — ha dichiarato Hegseth ai presenti, con la disinvoltura di un ex volto della trumpiana Fox News — È come se fosse nel vostro Dna, nel vostro sangue tifare contro Trump perché non volete che abbia successo. Dovete opporvi all’efficacia di questi attacchi. Dovete sperare che, forse, non siano stati efficaci».
Una volta Trump si scagliava contro il “profondo stato”, ora che ha sistemato alleati ovunque, il gioco si complica: la sua sfiducia verso la comunità dell’intelligence affonda le radici nella sua prima campagna elettorale del 2016, quando vi fu un’indagine su possibili collusioni con la Russia per alterare l’esito delle elezioni («Le agenzie di intelligence non avrebbero mai dovuto permettere che queste fake news emergessero. Stiamo vivendo nella Germania nazista?», disse).
Adesso, con Tulsi Gabbard alla direzione dell’intelligence e John Ratcliffe alla guida della CIA, entrambi promettono di porre fine a quella che definiscono «la militarizzazione dell’intelligence» (cioè: epurazione di funzionari considerati inaffidabili), complica notevolmente il piano. Ecco quindi che gli attacchi ai media (sempre apprezzati dalla sua base) e ai democratici aumentano: Trump, in un modo decisamente insolito, ha escluso i democratici al Congresso dai briefing più delicati sull’intelligence, poiché non si fida. Il leader democratico al Senato, Chuck Schumer (di ritorno da un breve ricovero per un colpo di calore, mentre la costa est e il Midwest fronteggiano un’ondata di caldo preoccupante) ha denunciato questa situazione, ricevendo il consueto insulto «Chuck il Piagnone, senatore palestinese» (che è ebreo). Anche Nancy Pelosi si era lamentata, ma ora che non è più leader democratica alla Camera, Trump la ignora completamente.
La direttiva agli influencer di destra sui social è chiara: ripetere all’unisono che i democratici non possono essere informati, perché diffonderebbero tutto ai media, o forse anche agli iraniani. Questo è un metodo rozzo ma efficace per riesumare il tema del “profondo stato” che si oppone alla rivoluzione trumpiana.