Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un nuovo proclama che vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di 12 Paesi, citando motivi di sicurezza nazionale e la necessità di difendere la nazione da “terroristi stranieri” e da altre minacce. Il provvedimento, che entrerà in vigore il 9 giugno 2025 alle 00:01 EDT, rappresenta un’ulteriore stretta sull’immigrazione, linea guida dominante anche del suo secondo mandato.
I Paesi soggetti al divieto totale sono: Afghanistan, Myanmar, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan Yemen.
Inoltre, saranno parzialmente limitati i viaggiatori da altri sette Paesi: Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.
Trump ha giustificato le restrizioni sostenendo che questi Stati ospitano gruppi terroristici, non collaborano con gli Stati Uniti in materia di sicurezza, non riescono a identificare adeguatamente i propri cittadini, e hanno un alto tasso di violazioni dei termini del visto.
La comunità internazionale non ha perso tempo a reagire. L’ambasciatore della Somalia ha chiesto un dialogo per affrontare le “preoccupazioni sollevate”, mentre il ministro degli Interni venezuelano, Diosdado Cabello, ha accusato gli USA di perseguitare i cittadini stranieri “senza motivo”.
In Pakistan, dove migliaia di rifugiati afghani attendono il reinsediamento negli Stati Uniti, l’incertezza ora è massima.
Il proclama ricorda il precedente “Muslim Ban” del 2017, il controverso divieto d’ingresso per cittadini provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, che fu una delle prime azioni del primo mandato di Trump.
Non soddisfatto, ieri Trump ha anche firmato un’ordinanza che sospende per sei mesi l’ingresso di studenti stranieri diretti all’Università di Harvard, citando motivi di “sicurezza nazionale”. È l’ultimo capitolo in un crescente scontro tra l’amministrazione e l’istituzione accademica.
Harvard, che ospita circa il 25% di studenti stranieri, ha definito la misura “un’azione di ritorsione illegale” e ha promesso battaglia legale per tutelare i propri studenti.
La sospensione potrebbe essere prorogata oltre i sei mesi e il proclama ordina al Dipartimento di Stato di valutare la revoca dei visti già concessi agli studenti attualmente iscritti.
Questa mossa arriva in un clima di guerra aperta tra l’amministrazione e l’università, accusata di resistere a pressioni politiche su governance, curriculum e ideologia. Già a maggio, il Dipartimento per la Sicurezza Interna aveva tentato di revocare la certificazione del programma per studenti stranieri, salvo poi ritirarsi temporaneamente dopo l’intervento di un giudice federale.