Tutto ciò che non torna nell’omicidio del leader di Hamas a Teheran

06.08.2024
Tutto ciò che non torna nell'omicidio del leader di Hamas a Teheran
Tutto ciò che non torna nell'omicidio del leader di Hamas a Teheran

L’assassinio di Haniyeh rivela falle nell’intelligence e ingerenze straniere. Il regime di Khamenei deve fare i conti con la paranoia delle infiltrazioni, provando a capire chi lo ha tradito

Falle nell’intelligence, resoconti divergenti, ingerenze straniere. L’omicidio del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, è un racconto ricco di incongruenze. Per molti versi misterioso. A Teheran il politico palestinese avrebbe dovuto trovarsi nel luogo più sicuro al mondo, invece è stato ucciso nel luogo in cui tutto il mondo islamico celebrava l’insediamento del nuovo presidente iraniano. Le circostanze non ancora chiarite sull’assassinio dovrebbe destare ancor più preoccupazioni tra i governi di tutto il mondo, tenuto conto che questo evento ha condotto ad una ulteriore escalation del conflitto a Gaza, amplificando la sua portata su scala globale.

L’Iran finora aveva goduto della fama di rifugio sicuro per leader stranieri, anche quelli legati al terrorismo internazionale. Il regime esce quindi da questa storia più fragile, paranoico e permeabile ad infiltrazioni. Oltre all’ipotesi scontata di Israele, non è chiaro chi altri abbia voluto la morte di Haniyeh, reputato da molti un moderato all’interno del movimento islamista, in un momento in cui le due parti, Tel Aviv e Hamas, sembravano prossime ad un avvicinamento per una tregua. L’uccisione del leader palestinese in un appartamento al quarto piano di un luogo reputato “sicuro”, in una città iper-controllata come la capitale iraniana, è un rebus ancora tutto da decifrare. 

Dove si trovava Haniyeh quando è stato ucciso

Il notiziario arabo Al-Arabya ha notato come i vertici di Hamas e l’Iran abbiano fornito resoconti divergenti sulle modalità di uccisione di Ismail Haniyeh. Il capo politico di Hamas si trovava in Iran per partecipare alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente iraniano, Masoud Pezeshkian. Haniyeh al termine dell’evento era tornato nella sua residenza nel nord di Teheran, un edificio a Zafaraniyeh, ha riferito ad Al-Arabya Khaled Qaddoumi, rappresentante di Hamas a Teheran. Il portavoce di Hamas presso i media iraniani ed internazionali ha precisato che l’alloggio “non era segreto”, ma anzi “era noto a molte persone”, trattandosi inoltre di un luogo “riservato agli ospiti di alto rango”. La testimonianza di Qaddoumi prosegue: “All’1:37 esatta, l’edificio ha subito uno shock. Ho lasciato il posto in cui mi trovavo e ho visto un fumo denso. Più tardi, abbiamo saputo che Haj Abu al-Abd [come veniva chiamato Haniyeh, ndr] era stato martirizzato”.

Cosa ha detto Hamas dell’omicidio

Il rappresentante di Hamas in Iran ha detto credeva si trattasse di un tuono o di un terremoto, ma salito al quarto piano della residenza “dove si trovava il martire, abbiamo scoperto che il muro e il soffitto della stanza erano crollati ed erano stati distrutti”. Qaddoumi ha precisato: “L’aspetto del luogo dopo l’attacco e le condizioni del corpo del leader martirizzato Ismail Haniyeh indicano chiaramente che l’attacco è stato effettuato tramite un proiettile aereo, un missile o una granata”, senza fornire ulteriori dettagli. Le dichiarazioni di Qaddoumi risultano coerenti con quanto dichiarato da Khalil al-Hayya, capo di Hamas a Gaza, in una conferenza stampa tenutasi diverse ore dopo l’assassinio di Haniyeh, parlando di un missile che “ha colpito direttamente la stanza in cui alloggiava Haniyeh, e attendiamo le indagini ufficiali”.

Dall’attacco aereo all’ordigno esplosivo

L’agenzia di stampa iraniana Fars, gestita direttamente dalla Guardia Rivoluzionaria Islamica che avrebbe dovuto garantire l’incolumità del leader di Hamas, in origine ha riferito vagamente che “qualcosa” aveva preso di mira la residenza, senza specificarne la natura. Mentre sulla stampa internazionale si diffondeva la versione dell’attacco aereo, il New York Times ha indagato sostenendo che la morte sia stata provocata da un ordigno esplosivo, introdotto nella guesthouse in cui era ospitato il leader di Hamas. Una versione che lascia intendere infiltrazioni esterne, che hanno consentito agli assassini di accedere preventivamente all’edificio per installare l’ordigno. 

Solo dopo la pubblicazione dell’articolo del New York Times, l’agenzia iraniana Fars  ha pubblicato un rapporto che conferma l’utilizzo di una bomba, precisando che “l’entità sionista ha pianificato ed eseguito questo atto terroristico”, ma senza fornire ulteriori dettagli. Il rapporto di Al-Arabya ha concluso che “In assenza di una narrazione ufficiale completa, l’esecuzione dell’assassinio  di Ismail Haniyeh rimane misteriosa, nonostante l’identità nota dei colpevoli”.

Per gli analisti è certo che questo omicidio rappresenta una falla gigantesca nei servizi di sicurezza del regime iraniano. Non solo si è dimostrato vulnerabile, ma anche permeabile alla penetrazione dell’intelligence straniera all’interno della Repubblica islamica. In breve, qualcuno dall’interno ha tradito il regime.

Le responsabilità del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche 

Il messaggio inviato a Khamenei e ai suoi alleati è che nemmeno a Teheran si può vivere tranquilli e fuori dalla portata dei nemici, chiunque essi siano. La prima testa saltata è quella del ministro dell’intelligence iraniana uscente, Esmail Khatib, che solo a fine luglio si era vantato di un grande risultato per il suo triennio: “Smantellare la rete di infiltrazione del Mossad” in Iran.

Appena sei giorni dopo, l’omicidio di Haniyeh ha dimostrato l’esatto contrario. Insieme al ministro le responsabilità ricadono innanzitutto sul Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc), responsabili anche della sicurezza del leader palestinese. “All’interno delle strutture interne dell’Irgc, l’asse sicurezza-intelligence è incorporato nell’onnipotente Organizzazione di intelligence dell’Irgc”, hanno scritto su Foreign policy Kasra Aarabi, ricercatrice presso il Middle East Institute specializzata sul Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, e Jason M. Brodsky direttore politico presso l’istituto United Against Nuclear Iran.

“La capacità di Israele di uccidere Haniyeh in un complesso protetto dall’Irgc, in un momento in cui l’Irgc Intelligence Organization sarebbe stata in stato di massima allerta, altererà la dinamica percepita dell’Iran come rifugio sicuro. L’assassinio farà sì che i leader terroristi ci pensino due volte prima di cercare rifugio lì e probabilmente complicherà la relazione tra il regime iraniano e i suoi delegati”, hanno sottolineato i due ricercatori. “Si tratta di una battuta d’arresto significativa per il regime”, concludono.

Oltre alla risposta contro Israele, per gli analisti il regime iraniano dovrà affrontare la paranoia delle infiltrazioni straniere, che non è riuscito a sradicare nonostante il dominio politico indiscusso che permane dagli anni della rivoluzione iraniana. Un bel grattacapo per il leader supremo Ali Khamenei. L’Ayatollah oggi 85enne avrebbe preferito prepararsi ad una successione ordinata. Prima la morte inaspettata del presidente Ebrahim Raisi, e ora l’omicidio del capo politico di Hamas, potrebbero destabilizzare le gerarchie del regime e i suoi rapporti con i gruppi alleati, come Hamas, Hezbollah ed Al-Quaeda, che si erano fidati finora della protezione di Teheran.  

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