Trattativa di pace tra Kiev e Mosca: la richiesta di Zelensky per un referendum
La questione del cessate il fuoco ha assunto un ruolo cruciale nel piano per la pace tra Ucraina e Russia. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che per rinunciare alle aree attualmente occupate, gli ucraini devono esprimere un chiaro «sì» attraverso un referendum, riporta Attuale.
Il “schema di Berlino” si basa sulla condizione del cessate il fuoco, con una richiesta esplicita di stop ai bombardamenti e l’inizio di trattative tra Kiev e Mosca. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha confermato che questa posizione è condivisa da Zelensky, dagli inviati statunitensi Jared Kushner e Steve Witkoff, nonché da altri leader europei. Questa era la richiesta avanzata a Donald Trump durante la sua visita alla Casa Bianca il 18 agosto. Tre giorni prima, Trump aveva cercato di persuadere Vladimir Putin ad accettare una tregua. Tuttavia, è stato Trump a cambiare idea, mentre Mosca ha mantenuto ferma la sua linea.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato chiaramente che Putin si oppone a qualsiasi manovra che possa ostacolare il processo di pace, ritenendo inaccettabili tregue temporanee. La comunità diplomatica europea si interroga ora se Trump onorerà gli impegni presi da Kushner e Witkoff a Berlino o se ricadrà nel rispetto del «niet» russo, minando la posizione di Zelensky e dei suoi alleati europei. La riuscita delle trattative è legata a due fattori critici: la risposta di Putin e l’atteggiamento di Trump.
Si aggiunge un’ulteriore incognita alla negoziazione: la questione territoriale. Zelensky ha chiarito che non è Trump a chiedergli di rinunciare alle porzioni di Donbass ancora sotto il controllo ucraino. I rappresentanti americani hanno semplicemente riportato le posizioni russe. In effetti, nei giorni recenti, sia Witkoff che Kushner, insieme al segretario di Stato Marco Rubio, hanno fatto pressione su Kiev affinché rinunci al Donbass in cambio di garanzie di sicurezza e investimenti per la ricostruzione del Paese.
Tuttavia, Zelensky ha affermato con fermezza che non può accettare di concedere territori lottati dai suoi soldati. Quella porzione di terra rappresenta una delle linee di difesa più strategiche dell’Ucraina, paragonabile a una «linea Maginot». Questo rappresenta una questione delicata, in cui una decisione affrettata potrebbe risultare in una disfatta. Il presidente ha sottolineato che la decisione finale spetta esclusivamente alla popolazione ucraina, che deve esprimersi attraverso un referendum o elezioni.
Le diplomazie si stanno già proiettando verso una possibile soluzione: la creazione di una «buffer zone», un’area cuscinetto demilitarizzata lungo il fronte del Donbass. Rimane da stabilire l’estensione di tale area. La Russia chiede che le forze ucraine abbandonino una zona di dimensioni simili a quelle della Liguria, mentre Witkoff e Kushner propongono di trasformare la regione contesa in una «zona economica franca». Fino ad ora, né gli ucraini né gli europei hanno compreso chiaramente il progetto, né come dovrebbe essere finanziato. Il timore degli ucraini è che questa zona diventi una terra incolta, non sorvegliata e controllata da droni. A partire da oggi, ucraini, europei e, auspicabilmente, americani confronteranno le loro posizioni e mappe sulle prospettive di questa area, sempre che Putin possa accettare le proposte avanzate.