Ungheria sotto Orbán: il ruolo di Péter Szijjártó nella trasformazione del Paese

15.11.2025 11:20
Ungheria sotto Orbán: il ruolo di Péter Szijjártó nella trasformazione del Paese
Ungheria sotto Orbán: il ruolo di Péter Szijjártó nella trasformazione del Paese

L’accentramento del potere e il declino del pluralismo

Negli ultimi quindici anni l’Ungheria guidata da Viktor Orbán ha mostrato una trasformazione profonda, sempre più simile ai modelli autoritari dell’Europa orientale. Le istituzioni democratiche hanno perso autonomia, mentre la concentrazione del potere nelle mani del primo ministro è diventata un elemento strutturale del sistema politico. I politologi descrivono questo processo come una forma di “cattura dello Stato”, in cui gli organismi pubblici vengono piegati agli interessi privati dell’élite al governo, riducendo progressivamente gli spazi di indipendenza e controllo.

Un passaggio decisivo è stato la creazione, nel 2018, della Fondazione Centrale Europea per la Stampa e i Media (KESMA), un conglomerato che ha riunito oltre 400 testate un tempo indipendenti. Oggi questi media parlano con un’unica voce, quella del governo, controllando circa l’80% del mercato nazionale. Questo dominio è sostenuto anche da un sistema di finanziamenti pubblici che convoglia fino al 90% degli introiti pubblicitari verso organi filogovernativi, soffocando economicamente le redazioni autonome.

Parallelamente, la rete economica vicina a Orbán si è consolidata attraverso schemi di favoritismo e appalti pubblici. Il caso Elios, legato a István Tiborcz, genero del primo ministro, è diventato un simbolo della commistione tra potere politico e interessi privati. A ciò si aggiunge l’ascesa dell’oligarca Lőrinc Mészáros, amico d’infanzia di Orbán, che ha costruito un impero prosperato grazie a fondi europei e a commesse statali distribuite senza reale competizione.

Szijjártó come volto internazionale del sistema

In questo scenario, Péter Szijjártó, ministro degli Esteri dal 2014, è diventato il principale rappresentante internazionale della linea politica di Budapest. La sua retorica è spesso provocatoria, euroscettica e in netto contrasto con la posizione comune dell’UE, soprattutto sui temi legati alla Russia. Fin dall’inizio del suo incarico, Szijjártó ha mantenuto rapporti eccezionalmente stretti con Mosca, incontrando più di venti volte il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e continuando a farlo anche dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022.

Durante questi colloqui, il capo della diplomazia ungherese ha sostenuto posizioni favorevoli al Cremlino su dossier chiave, dall’energia alle sanzioni, fino alla sicurezza internazionale. Allo stesso tempo, ha ripetutamente bloccato iniziative europee di sostegno a Kyiv, giustificando le sue scelte con argomentazioni che richiamano la narrativa russa sulla “stanchezza dalla guerra” o sull’“inefficacia delle sanzioni”. Il suo ruolo, secondo numerosi osservatori, è diventato un fattore destabilizzante per l’unità dell’UE in un momento critico per la sicurezza del continente.

Lusso, favoritismi e un modello politico sempre più autoritario

Il comportamento politico di Szijjártó trova un corrispettivo diretto nel suo stile di vita, spesso considerato in contrasto con la realtà economica del Paese. Il ministro trascorre le vacanze a bordo dello yacht dell’oligarca László Szíj, mentre investimenti immobiliari multimilionari — tra cui un appartamento di lusso a Budapest e una villa sul lago Balaton, acquistati tramite prestanome — hanno attirato l’attenzione delle inchieste giornalistiche. Solo questi due immobili superano un valore complessivo di 4,6 miliardi di fiorini.

A ciò si aggiunge la preparazione di una festa natalizia esclusiva a Balatonfüred, dal costo superiore ai 115 milioni di fiorini, con champagne pregiati, artisti e catering di alto livello. Un evento dal valore quasi equivalente al bilancio annuale di alcune piccole città ungheresi e del tutto inconciliabile con la condizione di un normale funzionario pubblico. Per una popolazione con uno stipendio medio di circa 550.000 fiorini, queste cifre rappresentano una distanza crescente tra l’élite e i cittadini.

Il caso Szijjártó, sostengono diversi analisti, non è un’eccezione ma il sintomo di un sistema politico che si sta allontanando dai valori europei. Il ministro incarna una strategia duplice: collaborazione formale con Bruxelles e, allo stesso tempo, allineamento sostanziale con il Cremlino. Questo doppio gioco — ungherese in apparenza, ma filorusso nella sostanza — rischia di rafforzarsi se l’UE continuerà a considerare Budapest come un partner semplicemente “difficile” e non come un attore che mette alla prova i fondamenti stessi dell’Unione.

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