“L’Europa non è pronta a difendersi da un attacco aereo della Russia”

31.05.2024
"L'Europa non è pronta a difendersi da un attacco aereo della Russia"
"L'Europa non è pronta a difendersi da un attacco aereo della Russia"

La denuncia dei funzionari della Nato riportata dal Financial times: sistemi dell’era sovietica e iniziative Ue in ordine sparso. Pesano le divisioni tra Germania e Francia

Se la Russia dovesse lanciare un attacco missilistico su larga scala sull’Europa centrale e orientale, le capacità di difesa dei Paesi Ue sarebbero più che insufficienti e coprirebbero appena il 5% del fabbisogno. Sarebbe questa la stima elaborata dalla Nato e che è stata resa nota dal quotidiano britannico Financial Times, che cita “fonti a conoscenza dei piani di difesa riservati” dell’Alleanza atlantica, che sarebbero stati “elaborati lo scorso anno”.

Il buco nella difesa europea

“La guerra della Russia contro l’Ucraina ha sottolineato l’importanza della difesa aerea, mentre Kiev chiede all’Occidente ulteriori sistemi e razzi per proteggere le sue città, le truppe e la rete energetica dai bombardamenti quotidiani”, scrive il Financial Times, secondo cui queste stime “mettono a nudo la dimensione della vulnerabilità” della Nato in Europa.

La questione dello scudo aereo europeo è sul tavolo dell’Alleanza e dell’Unione europea dall’inizio del conflitto. Le recenti tensioni sull’invio di soldati Nato in Ucraina e sulla possibilità di consentire a Kiev di usare le armi occidentali per colpire obiettivi militari direttamente in Russia (cosa vietata finora dai Paesi alleati), hanno riacceso i timori di un attacco di Mosca direttamente sul suolo europeo. Gli Stati Ue più esposti a tale rischio (dai baltici alla Polonia) sono anche quelli che soffrono di una maggiore carenza di sistemi di difesa aerei adeguati, come denunciato dal Financial Times.

“Molti Stati europei possiedono ancora attrezzature – alcune delle quali di origine sovietica – inadeguate sia in termini qualitativi che quantitativi per difendersi dalle varie capacità missilistiche della Russia”, scrive il think tank Swp. Ecco perché proprio questi Paesi hanno alzato la voce a Bruxelles chiedendo alla Commissione di finanziare uno scudo paneuropeo. La presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyen ha detto di essere favorevole a un’iniziativa del genere. Già oggi Bruxelles sta finanziando diversi progetti per potenziare i sistemi di difesa aerea del blocco, ma la strada è più che in salita per almeno due ragioni.

Francia e Germania divise

I fondi Ue hanno finanziato finora attività di ricerca, mentre per lo sviluppo di tali sistemi servono risorse ingenti che l’attuale bilancio Ue non può soddisfare. Alcuni governi, anche la frugale Danimarca, sono concordi nel consentire a Bruxelles di emettere eurobond per raccogliere i fondi necessari, un po’ come fatto per il Recovery fund. Il vero nodo, però, è politico, e riguarda le divisioni tra Francia e Germania.

Nell’ottobre 2022, Berlino ha lanciato l’iniziativa European Sky Shield, che prevede un consorzio tra Paesi europei per acquistare congiuntamente sistemi di difesa aerea tedeschi, statunitensi e israeliani. All’iniziativa hanno aderito altri 18 Stati, ma non Francia, Italia, Polonia e Spagna. Parigi, in particolare, ha mostrato di non gradire la fuga in avanti della Germania. L’European Sky Shield dovrebbe integrare i sistemi statunitensi Patriot e lo scudo israeliano Arrow, balzato agli onori delle cronache internazionali recentemente dopo che è stato utilizzato, con grande successo, per respingere la pioggia di missili lanciata dall’Iran contro Tel Aviv. Peccato però che nei piani tedeschi non vi sia tratta di Samp/T, il sistema di difesa aerea che la Francia sta sviluppando insieme all’Italia.

Berlino e Parigi non hanno trovato ancora una sintesi. Il rischio che la Russia possa attaccare con i suoi missili uno Stato Ue per il momento è più che remoto, secondo gli esperti. Ma alcuni leader e funzionari militari europei hanno avvertito che un’eventuale escalation tra Occidente e Mosca potrebbe portare la Russia a sferrare la sua potenza di fuoco all’interno della Nato europea entro la fine del decennio.

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