La morte di Ismail Haniyeh, uno dei negoziatori chiave del gruppo palestinese, allontana il cessate il fuoco a Gaza. E apre a un’escalation al di là della Striscia
“Come può una mediazione avere successo quando una parte uccide il negoziatore dell’altra?”. La questione posta dal premier del Qatar Mohammed bin Abdurrahman Al-Thani va dritta al sodo: cosa succederà adesso ai negoziati sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas dopo l’omicidio di Ismail Haniyeh, il leader dell’organizzazione palestinese che, secondo quanto riferito dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie dell’Iran, sarebbe stato ucciso a Teheran da killer riconducibili a Tel Aviv? Già, perché Haniyeh non era solo uno degli uomini chiave di Hamas, ma anche colui “che ha guidato le operazioni politiche del gruppo mentre viveva all’estero”, ricorda la Cnn, a partire proprio dai negoziati con Israele.
Il ministro degli Esteri di Hamas
Haniyeh sarebbe stato ucciso insieme alla sua guardia del corpo dopo aver partecipato all’insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Martedì, 24 ore prima della notizia della sua morte, Hamas aveva diffuso le foto dell’incontro di Haniyeh con i funzionari iraniani a Teheran. Foto che ribadivano al mondo intero che i colloqui sulla liberazione degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza e sul cessate il fuoco nella Striscia passavano da lui, una sorta di ministro degli Esteri di Hamas rifugiatosi in Qatar e che negli ultimi mesi aveva incontrato, tra gli altri, il diplomatico cinese Wang Kejian. Non a caso, Pechino ha condannato fermamente l’omicidio: “Siamo molto preoccupati per l’incidente e ci opponiamo fermamente all’assassinio e lo condanniamo”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian. “Gaza dovrebbe raggiungere un cessate il fuoco completo e permanente il prima possibile”, ha aggiunto.
L’escalation nella regione
La morte di Haniyeh non solo mette in discussione i negoziati sul cessate il fuoco a Gaza, ma apre la porta a una possibile escalation del conflitto che infiammi l’intera regione. Nelle ultime ore, Israele ha anche compiuto un raid a Beirut che ha ucciso Fuad Shukr, uno dei comandanti di Hezbollah, l’azione più eclatante di Tel Aviv sul fronte libanese da quando è iniziata la guerra a Gaza. E difficilmente il nuovo presidente iraniano Pezeshkian potrà far passare senza reazioni forti l’affronto di una violazione della sicurezza degli iraniani da parte di Israele.
Ad aprile, Teheran aveva accusato il governo di Benjamin Netanyahu di aver bombardato il suo complesso di ambasciate in Siria, uccidendo almeno sette funzionari, lanciando per tutta risposta un attacco senza precedenti con droni e missili su larga scala contro Israele. Cosa farà adesso Pezeshkian? “Il regime sionista dovrà senza dubbio affrontare una risposta dura e dolorosa da parte del potente e vasto fronte della resistenza, in particolare dell’Iran”, hanno dichiarato le Guardie rivoluzionarie in un comunicato.
L’Europa cerca la mediazione
Gli Stati Uniti hanno reagito alla notizia dell’omicidio di Haniyeh ribadendo che l’escalation nella regione non è inevitabile, ma aggiungendo che se dovesse scoppiare un conflitto più ampio saranno dalla parte di Israele. La Turchia, uno dei membri di peso della Nato, ha invece rilanciato la minaccia di intervenire a sostegno dei palestinesi. I leader e i funzionari di Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno contattato le controparti in Libano, Israele e Iran per cercare di placare il più possibile gli animi. Ma più passano le settimane, più sembra chiaro che il piano di Netanyahu è di continuare a usare il pugno duro verso Teheran e i suoi alleati. Forse sperando di ritrovarsi a fine anno con un sostenitore in più alla Casa bianca, l’ex presidente Donald Trump.