Israele trattiene fondi vitali all’Autorità palestinese, aggravando la crisi economica
Dallo scorso maggio, il governo israeliano ha interrotto completamente i trasferimenti monetari all’Autorità nazionale palestinese (ANP), delegando alla stessa la riscossione dei fondi, ma negando il versamento. L’ANP, che esercita un controllo semi-autonomo su alcune aree della Cisgiordania, affronta così gravi difficoltà politiche e finanziarie, tanto che i funzionari palestinesi avvertono che la situazione è insostenibile: senza quei fondi, l’Autorità non può più garantire il pagamento degli stipendi o dei servizi, già ridotti al minimo, riporta Attuale.
Non è la prima volta che tali misure vengono adottate; negli ultimi trent’anni, Israele ha bloccato i pagamenti più volte, con la sospensione più prolungata che risale al periodo della Seconda Intifada, tra il 2000 e il 2002. L’ultima iniziativa ha preso piede sotto il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, un esponente dell’estrema destra, e continua nonostante le pressioni diplomatiche per una risoluzione. I fondi trattenuti da maggio fino alla fine di settembre superano 1,8 miliardi di shekel, circa 476 milioni di euro.
Il rifiuto di trasferire questi soldi si inscrive tra i vari metodi con cui Israele cerca di danneggiare l’economia della Cisgiordania. In base al protocollo di Parigi del 1994, Israele è responsabile della raccolta di IVA e dazi doganali sulle merci in ingresso in Palestina e sulle tasse relative ai prodotti palestinesi e al lavoro palestinese in Israele. Tuttavia, il governo ha trattenuto tali fondi, consapevole che così facendo priva l’ANP di una delle sue principali fonti di entrate.
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il blocco dei fondi è stato imposto da Smotrich senza una base legale e senza approvazione da parte del gabinetto di sicurezza. Israele giustifica la trattenuta dei fondi anche a causa delle indennità mensili che l’ANP corrisponde da tempo alle famiglie dei prigionieri palestinesi detenuti in Israele per crimini legati al terrorismo, un sistema oggetto di critiche da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Sebbene l’ANP abbia annunciato la cancellazione di queste indennità nel febbraio 2025, Israele sostiene che i pagamenti continuano attraverso altre modalità.
Le misure di blocco sono state interpretate come ritorsione per le sanzioni imposte da alcuni paesi europei a Smotrich, e in risposta alla crescente riconoscenza internazionale dello stato di Palestina, a cui Israele si oppone fermamente. Inoltre, l’atteggiamento statunitense è cambiato, con una visibile diminuzione della pressione sull’Israele rispetto alla precedente amministrazione Biden, ora sostituita da quella di Donald Trump, più allineata a Netanyahu. Questa situazione ha portato a sanzioni e ostruzioni nei confronti dell’ANP e dei suoi funzionari.
Prima di azzerare i trasferimenti, il governo israeliano aveva già ridotto o decurtato arbitrariamente i pagamenti. Fin dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023, ha trattenuto ogni mese 275 milioni di shekel, equivalente all’importo destinato dall’ANP alla Striscia di Gaza, sostenendo che tali somme potessero finire sotto il controllo di Hamas. Un pretesto simile viene usato per giustificare il divieto di ingresso in Striscia di Gaza per beni essenziali come carburante, cibo e medicinali.
In totale, il debito di Israele verso l’ANP ammonta a 3,5 miliardi di shekel (più di 900 milioni di euro). Per sostenere l’ANP, a fine settembre un gruppo di 13 paesi ha formato una Coalizione per la sostenibilità finanziaria dell’Autorità palestinese, con la partecipazione dell’Arabia Saudita, che ha recentemente erogato un prestito di quasi 80 milioni di euro. Le nazioni dell’Unione Europea, nella seconda metà di novembre, hanno stanziato 88 milioni di euro.
Il blocco dei fondi è solo uno degli strumenti con cui Israele danneggia l’economia della Cisgiordania. Dall’inizio della guerra ha revocato i permessi di ingresso a circa 100.000 palestinesi che lavoravano in Israele, e l’esercito israeliano ha preso di mira coloro che tentano di aggirare questo divieto. Inoltre, Smotrich ha quasi raddoppiato il costo dell’elettricità fornita a questa regione, minacciando di utilizzare i fondi bloccati dell’ANP per saldare i debiti relativi. Le banche palestinesi si trovano in una crisi di liquidità, dipendendo interamente dalle banche israeliane, che limitano le transazioni in valuta estera a un massimo di 18 miliardi di shekel all’anno, un limite non aggiornato dal 1994, aggravando la crisi monetaria.
Incredibile come la politica possa impoverire così tante persone. Sembra che nessuno tenga conto delle conseguenze umane delle loro decisioni. La situazione in Palestina è sempre più drammatica e nessuno sembra prendersene davvero cura. E noi qui, a preoccuparci dei nostri problemi quotidiani…