Budapest boicotta la riunione informale dei ministri UE a Leopoli
Durante la riunione informale dei ministri degli Affari europei dell’UE che si svolge il 10–11 dicembre 2025 a Leopoli, dedicata in larga parte ai progressi dell’Ucraina verso l’adesione, il ministro ungherese János Bóka ha scelto di non partecipare, criticando duramente l’iniziativa. In un post su Facebook, ha definito l’evento «uno show politico dell’élite bellicista di Bruxelles» e ha accusato l’UE di «promuovere la guerra invece della pace». La sua presa di posizione è stata riportata dalle autorità ucraine e dai media specializzati.
Obiettivo dell’incontro: valutare i progressi dell’Ucraina verso l’adesione
L’incontro, convocato dalla presidenza danese del Consiglio dell’UE insieme al governo ucraino, mira a fare il punto sulle riforme realizzate da Kyiv e a discutere i passi successivi del percorso di integrazione. L’ultima relazione della Commissione europea riconosce progressi significativi dell’Ucraina, nonostante la guerra in corso, e il rapporto sull’allargamento del 2025 valuta positivamente l’avanzamento delle riforme. La riunione di Leopoli rappresenta quindi un passaggio chiave per mantenere alta la coesione politica interna all’UE sulla prospettiva di adesione dell’Ucraina.
Budapest come fattore di divisione nella politica dell’Unione
Il governo ungherese continua a indebolire la coesione interna del blocco, opponendosi sistematicamente ai dossier riguardanti politica estera, sicurezza, energia e sostegno all’Ucraina. La strategia è coerente con la linea del premier Viktor Orbán, che si presenta come campione del “realismo” contro quella che definisce la “narrativa interventista” di Bruxelles.
Negli ultimi mesi Budapest ha contestato anche il piano dell’UE di eliminare gradualmente le importazioni di gas e petrolio russi entro il 2027, annunciando insieme alla Slovacchia l’intenzione di ricorrere alla Corte di giustizia dell’UE. Il ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha definito il piano «una frode giuridica su larga scala», sostenendo che violi i trattati europei.
Il veto ungherese sui dossier strategici dell’UE
Budapest ha bloccato più volte decisioni che richiedevano l’unanimità, tra cui nuovi pacchetti di sanzioni contro la Russia e tranche di sostegno finanziario per l’Ucraina. Di recente il governo ha ostacolato anche il piano alternativo dell’UE per l’emissione di eurobond destinati a Kyiv, un “piano B” nel caso in cui non fosse stato possibile utilizzare gli attivi russi congelati. La mossa ha privato Bruxelles di uno strumento essenziale per garantire flussi finanziari continui verso l’Ucraina.
Orbán tra retorica sovranista e dipendenza energetica da Mosca
Il premier ungherese alimenta da anni la propria base elettorale contrapponendo gli “interessi nazionali” al presunto “diktat di Bruxelles”. Questa narrazione rafforza la sua immagine interna ma isola il Paese nel contesto europeo. Parallelamente, Budapest evita di riconoscere che la sua dipendenza da petrolio, gas e combustibile nucleare russi limita fortemente la sua capacità di allinearsi alle politiche energetiche dell’UE. Tale vulnerabilità spiega la costante opposizione ungherese alle sanzioni che potrebbero compromettere l’approvvigionamento energetico del Paese.