Alle 20 di martedì 29 ottobre i telefoni dei valenciani suonano tutti insieme: è l’allerta della protezione civile che invita tutti a restare a casa, ma con ore di ritardo. Le strade erano già trappole mortali. L’incredibile catena di errori dietro l’ecatombe di Valencia
Spiegare un problema complesso come le dinamiche meteoclimatiche può risultare complicato; non ci soffermeremo qui a sottolineare quanto saranno sempre più ricorrenti gli eventi meteo estremi a causa del riscaldamento globale. Tuttavia per inquadrare perché oltre duecento persone siano morte a Valencia tra il 29 e 30 ottobre 2024 possiamo semplificare senza correre il rischio di sbagliare, tanto la situazione che si è venuta a creare nella regione iberica è lapalissiana: una concatenazione di errori che portano a un allarme arrivato sui telefoni dei valenciani quando già i fiumi della città avevano ripreso le strade ed erano entrati nelle case e nei garage, sommergendo tutto.
“Intrappolati come topi” è l’immagine più ricorrente tra quelle restituite ai soccorritori da chi si è trovato con l’acqua alla cintola. Ma tanti, troppi, hanno trovato la morte imprigionati nelle proprie autovetture mentre si trovavano in strada, di ritorno dal lavoro, mentre l’intera area della Comunità Valenciana ha sperimentato una quantità di pioggia equivalente a quella di un uragano di terza o quarta categoria. Ricordate le recenti immagini della Florida? Un mese fa le autorità chiesero a tutti gli abitanti di lasciare le proprie case, invece l’altro ieri a Valencia l’allerta meteo, per quanto puntuale, non pare sia stata ascoltata dalle autorità regionali: la maggior parte delle vittime dell’alluvione sono state travolte mentre tornavano a casa dal lavoro, bloccate nel traffico, trascinate via dai fiumi ingrossati da una quantità d’acqua che in alcune zone (a Chiva, pochi chilometri a nord della città ad esempio) ha raggiunto valori record pari a 491 millimetri di acqua in 8 ore: praticamente un anno di pioggia concentrato in meno di un giorno.
Il servizio meteo nazionale spagnolo (Aemet) alle 7:30 di martedì 29 ottobre aveva alzato il livello di allerta meteo portandolo da arancione a rosso, segnalando il rischio di piogge intense fino alla sera. Tuttavia, come è facile ricostruire, il sistema di allerta alla popolazione (il sistema chiamato Es-alert è molto simile a quello usato in Italia) è scattato solo nella serata di martedì, dopo le 20:00, quando già era troppo tardi. Fino ad allora la popolazione era stata avvertita solo sui social dal centro di coordinamento per le emergenze (112). Dall’ente regionale preposto all’attivazione dei servizi di emergenza invece solo blandi inviti alla prudenza, ma nessuna decisione era stata presa in merito alla chiusura di scuole e attività lavorative.
Alle 13 il presidente della Comunità Valenciana, Carlos Mazón, in una conferenza stampa invita la popolazione alla prudenza, ma rassicura in merito a una diminuzione dei fenomeni meteo. Accadrà il contrario. Mazón – come ricordato dai media locali – pochi mesi dopo il suo insediamento come presidente aveva chiuso l’Unità valenciana di emergenza, l’ente incaricato di fornire una risposta rapida e coordinata in caso di gravi calamità come le alluvioni di questi giorni.
Intanto si fanno le 16: sull’intera regione piove incessantemente da ore e viene convocata la riunione del centro di coordinamento operativo. Solo dopo altre 4 ore viene diffuso il messaggio di emergenza che invita tutti a restare a casa.
Sono le 20 e tanti valenciani sono intrappolati in auto: cercano di tornare a casa incolonnati nel traffico lungo strade che sono già diventate fiumi. Perché con una simile quantità d’acqua non c’è modo di prevenire il disastro.
Esplicativo quanto successo a Paiporta, la località dove si contano più morti nella zona di Valencia: qui l’autostrada corre parallela all’alveo del fiume Turia, il cui corso fu deviato fuori città proprio in seguito all’alluvione dell’ottobre del 1957 (87 morti). Il fiume dopo ore di pioggia ha tracimato, bloccando l’autostrada. Acqua e fango hanno sommerso l’intera area industriale sviluppata sulle rive di un altro fiume, il Poyo. Da qui arrivano le immagini diventate virali del ponte pedonale strappato via da un alveo solitamente secco. Mercoledì sera i morti accertati nel comune erano almeno 40, tra cui sei anziani che i dipendenti di una casa di riposo non sono riusciti a salvare.
L’alluvione non si poteva evitare, ma dopo il recupero di oltre cento vittime e con un numero di dispersi ancora non valutabile, le maggiori critiche colpiscono ora i servizi di emergenza che – come abbiamo visto – avrebbero inviato l’allerta alla popolazione con un colpevole ritardo. Tuttavia, come già successo in occasione delle alluvioni che hanno colpito ripetutamente anche le regioni italiane, è necessario guardare queste mappe che vi proponiamo qui di seguito.
Un’emergenza gestita tardi e male
Dare la colpa solo al cambiamento climatico in questo caso potrebbe essere pericoloso: quanto accaduto non solo era previsto (come raccontato sopra), ma la Generalitat avrebbe dovuto sospendere l’attività scolastica e tutte le attività non essenziali. Questo non è stato fatto e le eventuali responsabilità saranno appurate alla fine dell’emergenza. Tuttavia il vero problema che non va sottovalutato è un altro: la disastrosa pianificazione urbanistica.
Lo abbiamo già detto per l’Emilia Romagna e la dinamica spagnola non è dissimile. Fiumi e ruscelli sono stati canalizzati e loro sponde sono state fortemente urbanizzate. Eppure la storia è lì a raccontare come le inondazioni abbiano colpito ripetutamente la zona valenciana. Le immagini del 1957 sono incredibilmente simili a quelle odierne.
In seguito alle catastrofiche inondazioni del 1957, a Valencia hanno intrapreso significativi cambiamenti infrastrutturali, reindirizzando il fiume Turia verso un nuovo corso a sud della città (indicato dalla linea verde). Tuttavia, l’espansione urbana degli ultimi decenni si è concentrata lungo questo nuovo corso. La maggior parte delle vittime dell’inondazione si contano proprio in queste aree.
Basta controllare sul portale cartografico nazionale spagnolo per scoprire come le località dove si sono registrati più morti (Paiporta, Torrent, Picanya, Alfafar) corrispondano esattamente alle zone segnalate come ad alto rischio alluvionale, con tempi di ritorno di 25 anni.
E i tempi di ritorno di eventi estremi, complice il surriscaldamento del clima e in particolar modo del Mediterraneo, saranno sempre minori, come purtroppo conoscono anche gli abitanti della zona dell’Emilia Romagna.
I fenomeni meteorologici come le DANA non sono causati dai cambiamenti climatici, ma possono essere da questi esasperati. Una emergenza che dovrebbe spingere i governi a considerare come prioritario non solo la mitigazione delle cause, ma soprattutto le necessarie azioni di adattamento a eventi naturali sempre più violenti.