L’elettricità prodotta nel nostro Paese a partire dai gasdotti è pari a quella di Germania e Spagna messe insieme. E la dipendenza dai fossili è destinata a crescere, secondo l’allarme dell’Ieefa
Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia va a rilento. In compenso, il nostro è il primo Paese nell’Unione europea per energia elettrica prodotta a partire dal gas. Circa il 50% del mix energetico, quasi tre volte la media Ue. Ne produciamo così tanta che solo unendosi, Germania e Spagna riescono ad arrivare ai nostri livelli. È quanto emerge da un rapporto dell’Institute for energy economics and financial analysis (Ieefa).
“Mentre i tre maggiori produttori di elettricità dell’Ue (Francia, Germania e Spagna) hanno mostrato una chiara tendenza ad aumentare le energie rinnovabili e a ridurre la produzione di energia elettrica da gas, il mix elettrico dell’Italia al 2023 presentava uno schema confuso, senza alcuna fonte di energia chiaramente dominante”, si legge nel rapporto. Secondo Eurostat, le energie rinnovabili hanno fornito il 41% della produzione di elettricità dell’Ue nel 2023, in aumento rispetto al 35% nel 2022. L’Italia è al di sotto di questa media, mentre la quota di gas non ha pari nel continente.
La spinta sul gas è ancora più evidente se si guarda alla capacità energetica del nostro Paese: se quella rinnovabile è aumentata del 25% tra il 2021 e il 2023, quella di gas naturale liquefatto (gnl) è cresciuta del 40% nelle stesso periodo “e si prevede che continuerà ad aumentare”, segnala l’Ieefa. A determinare questo trend, opposto a quello degli altri grandi Stati Ue, sono “fattori legati alla disponibilità delle risorse e alle infrastrutture del gas nel Paese, nonché le linee guida governative che hanno incoraggiato l’utilizzo di tali impianti”, si legge sempre nel rapporto.
L’infrastruttura del gas naturale del Paese, compresi gasdotti e impianti di stoccaggio, è solida e consente l’importazione di gas naturale e gnl. “Il governo ha stabilito alcune linee guida e indicazioni che potrebbero essere messe in discussione poiché legittimano il gas come combustibile di transizione a livello europeo. Uno schema elaborato dal regolatore fin dal 2004 consente ad alcuni impianti di gas italiani, sia centrali a ciclo combinato che turbine a ciclo aperto, di ricevere un pagamento della capacità. Si tratta di un sussidio statale che li mantiene artificialmente redditizi e distorce la loro uscita dal mercato basata sui puri fondamentali”, denuncia l’Ieefa. “Giorgia Meloni – prosegue – punta a fare dell’Italia il principale punto di ingresso del gas nell’Ue, approfittando della crisi energetica e della riduzione delle importazioni dalla Russia”.
Questa politica viene giustificata dal governo con la necessità di utilizzare il gas “come combustibile di transizione per raggiungere emissioni nette pari a zero” in futuro. Ma, sottolinea il think tank, “se il gas fosse effettivamente necessario per la transizione da un mondo fossile a uno rinnovabile, dovrebbe essere utilizzato solo come riserva, non per la generazione di carico di base”. Utilizzando il gas come pilastro centrale della propria strategia energetica, “l’Italia non solo rallenta la crescita delle rinnovabili, ma serve anche da esempio ad altri Paesi dipendenti dal gas come Malta, Irlanda, Paesi Bassi e Grecia”, conclude l’Ieefa.
Fonte: LaStampa