I prezzi aumenteranno fino al 50 per cento per le auto elettriche importate dal gigante asiatico. Italia e Francia tra i dieci Stati Ue che hanno votato a favore delle tariffe. Cinque invece i Paesi contrari, guidati dalla Germania. Dodici gli astenuti, tra cui la Spagna. La Commissione ha deciso di procedere, ma si continua a trattare con Pechino
L’Unione europea ha approvato in via definitiva i dazi contro le auto elettriche cinesi, nonostante gli Stati membri si siano letteralmente spaccati sul punto. In pratica alla tariffa doganale standard del 10 per cento già previsto, la Commissione europea ha previsto di aggiungere un nuovo aumento del 7,8 per cento per l’importazione di autovetture Tesla e fino al 35,3 per cento per quelle prodotte dalle case automobilistiche cinesi Byd, Geely e Saic. In pratica i costi per acquistare autovetture importante dall’estero e commercializzate nell’Unione Europea aumenteranno fino a quasi il 50 per cento.
Voto sul filo del rasoio
Oggi il Consiglio Ue doveva dare il suo via libera a maggioranza qualificata, il che significava che serviva il sostegno di almeno 15 Paesi che rappresentano il 65% della popolazione dell’Ue. Il voto formalmente è avvenuto nel Comitato difesa commerciale (Tdi), composto per lo più da funzionari dei singoli governi e non dai Rappresentanti Permanenti, gli ambasciatori. E ha mostrato tutte le divisioni sul punto: 10 Stati membri hanno votato a favore, 5 contro e 12 si sono astenuti.
La Germania ha guidato il fronte dei contrari al provvedimento, a cui si è unita anche l’Ungheria di Viktor Orban, Malta, Slovenia e Slovacchia. Italia e Francia guidavano invece il fronte dei favorevoli di cui, come riporta l’Agi citando fonti diplomatiche, facevano parte poi Polonia, Paesi Bassi, Irlanda, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lituania e Lettonia. La Spagna – insieme ad altri 12 paesi – ha scelto l’astensione: un voto che tecnicamente equivale a un sì.
Di fatto quindi c’è stata una maggioranza semplice e in casi come questo, secondo le regole comunitarie, la palla è tornata alla Commissione per decidere il da farsi. E Bruxelles ha scelto di tirare dritto anche se, ha specificato in una nota, “parallelamente, l’Ue e la Cina continuano a lavorare sodo per esplorare una soluzione alternativa che dovrebbe essere pienamente compatibile con il Wto”, e che sia “adeguata per affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’indagine della Commissione, monitorabile e applicabile”.
Le critiche tedesche
Il gigante automobilistico tedesco Volkswagen ha criticato la decisione dell’Ue. In un comunicato ufficiale l’azienda ha definito la mossa di imporre i dazi “un approccio sbagliato” per la competitività dell’industria europea. “Rimaniamo convinti della nostra posizione secondo cui le tariffe previste rappresentano l’approccio sbagliato e non migliorerebbero la competitività dell’industria automobilistica europea”, ha affermato il gruppo in una nota, incoraggiando ulteriori negoziati con Pechino “per prevenire eventuali dazi compensativi e quindi una guerra commerciale”.
L’amministratore delegato di Bmw, Oliver Zipse, ha descritto il voto come “un segnale fatale per l’industria automobilistica europea”, sostenendo che è necessario un accordo tra Bruxelles e Pechino per evitare un conflitto commerciale. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Linder, pure ha esortato la Commissione a evitare una “guerra commerciale” con la Cina, sottolineando la necessità di una “soluzione negoziata” con Pechino.
I dazi
Il 4 ottobre dello scorso anno l’Ue aveva avviato un’indagine sull’esistenza di sussidi che il governo cinese destinerebbe ai produttori nazionali di auto elettriche, falsando così la concorrenza. Al termine dell’inchiesta, lo scorso 12 giugno, l’esecutivo europeo aveva stabilito l’introduzione di dazi provvisori contro diversi produttori cinesi, dazi che ora diventeranno definitivi. La Commissione ha stabilito che i dazi saranno i seguenti: Byd 17,0 per cento, Geely 18,8, Saic 35,3. Le altre società che hanno collaborato con l’indagine 21,3 per cento, tutte le altre società che non hanno collaborato: 36,3 per cento. Per la Tesla è stata concordata una tariffa ridotta del 7,8 per cento, che colpirà ovviamente solo le auto del colosso statunitense prodotte in Cina.