Bruxelles intima all’Italia: l’assegno familiare anche agli stranieri

26.07.2024
Bruxelles intima all'Italia: l'assegno familiare anche agli stranieri
Bruxelles intima all'Italia: l'assegno familiare anche agli stranieri

La Commissione ha deferito il nostro Paese alla Corte di Giustizia: il contributo per i figli a carico deve essere dato anche agli europei che sono appena arrivati e anche se i loro figli sono in un’altra nazione

L’Italia deve concedere gli assegni familiari per figli a carico anche ai cittadini che vivono all’estero. Lo intima la Commissione europea che ha deferito il nostro Paese alla Corte di Giustizia dell’Ue, una delle fesi conclusive di una procedura di infrazione. L’esecutivo di Bruxelles spiega in una nota che il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori mobili costituisce una discriminazione e viola il diritto dell’Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale.

Nel marzo 2022 l’Italia ha introdotto un nuovo regime di assegni familiari per figli a carico (“Assegno unico e universale per i figli a carico”), ma secondo questo regime i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno 2 anni o i cui figli non si trovano nel nostro Paese, ma magari nel loro di origine, non possono beneficiare della prestazione. Ma per la Commissione questa limitazione non è compatibile con il diritto Ue “in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Ue”, visto che “uno dei principi fondamentali dell’Ue è quello della parità di trattamento delle persone, senza distinzioni basate sulla nazionalità”.

Per questo, spiega ancora la Commissione nella nota. I lavoratori stranieri “che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale”, sentenzia la Commissione, secondo cui anche gli stranieri che lavorano in Italia ma non sono residenti in Italia, e quelli che si sono trasferiti solo di recente nel nostro Paese, così come quelli i cui figli risiedono in un altro Stato membro “dovrebbero beneficiare delle stesse prestazioni familiari concesse agli altri lavoratori in Italia”. Le regole europee, conclude la nota, vietano “qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale quali le prestazioni familiari”.

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