Attacco di Israele contro leader di Hamas: colpi a Doha sollevano interrogativi sulle politiche di Bibi
Un attacco a sorpresa ha colpito i leader di Hamas a Doha, intensificando le tensioni già elevate nella regione. I vertici israeliani avevano preannunciato vendette contro i vertici del movimento, ora considerati a rischio nonostante le loro presenze in paesi come Egitto, Qatar e Turchia, che un tempo garantivano un certo grado di protezione. La scelta di intensificare l’operazione contro i nemici di Israele riflette una nuova strategia di Netanyahu, volta a colpire fisicamente i rivali e ad aumentare la pressione su Gaza, costringendo la popolazione alla fuga, riporta Attuale.
L’attacco ha preso di mira diversi uomini chiave nell’ambito del movimento, tra cui Khalil al Hayya, un’autorità molto influente che ha criticato aspramente i paesi arabi per la loro mancanza di sostegno ai palestinesi. Di fatto, la sua aggressione retorica sembra aver provocato ire presso il presidente egiziano al Sisi, mentre uscite anche recenti suggerivano una sua possibile “scomparsa” dalla scena pubblica.
Khalil al Hayya è legato a Yahya Sinwar, attuale leader di Hamas a Gaza, e ha recentemente visto crescere il suo potere all’interno del comitato del movimento. La sua visibilità si è accentuata dopo lo scoppio delle tensioni, rappresentando una figura chiave per i gruppi militanti all’interno del territorio.
Khaled Meshal, ex leader di Hamas, è un altro dei bersagli, noto per il suo approccio radicale e opposto a ogni forma di dialogo. Meshal ha subito attentati nel passato, incluso un tentativo di avvelenamento da parte del Mossad nel 1996, e ha operato da esilio, rifugiandosi in diverse capitali mediorientali a causa della sua posizione politica.
Un altro obiettivo è stato Zaher Jabarin, legato alle Brigate al Kassam, che ha vissuto l’esperienza della carcerazione in Israele e ha recitato ruoli cruciali nella gestione dei prigionieri palestinesi e delle reti di finanziamento per Hamas. Musa Abu Marzouk, anch’egli legato a Hamas, ha gestito le relazioni estere e ha dovuto affrontare la complessità della diplomazia regionale, trovandosi spesso tra l’incudine e il martello.
Infine, Husan Badran, noto per il suo background nel militare della seconda intifada, è stato identificato come uno degli architetti della violenza. Questi attacchi sollevano interrogativi sul futuro delle relazioni diplomatiche in Medio Oriente e sulle possibilità di una ulteriore escalation nei prossimi giorni.
In un contesto internazionale sempre più teso, l’azione di Israele potrebbe non limitarsi a Doha, potenzialmente riaccendendo conflitti in altre capitali, un rischio che potrebbe intensificare ulteriormente le tensioni nella già complessa situazione geopolitica della regione.
Ma che situazione strana… Sembra che Netanyahu stia davvero cambiando strategia, come se volesse mettere il pugno duro su tutto. Ma colpirli a Doha? Una scelta rischiosa, sarà davvero saggio svegliare gli “avversari” da paesi protettori? Qui in Italia ci si interroga sempre su come la politica estera possa influenzare le nostre vite quotidiane… Mah!