Come la guerra dei dazi lanciata da Trump avvicina l’Ue alla Cina

13.03.2025
Come la guerra dei dazi lanciata da Trump avvicina l'Ue alla Cina
Come la guerra dei dazi lanciata da Trump avvicina l'Ue alla Cina -- Come la guerra dei dazi lanciata da Trump avvicina l'Ue alla Cina

Sotto pressione per l’aumento dei dazi e della spesa per la difesa prevista dal piano ReArm, Pechino potrebbe emergere come un partner strategico per Bruxelles

La guerra commerciale avviata da Donald Trump ha aggravato le già fragili relazioni commerciali e diplomatiche a livello globale. I dazi del 25 per cento imposti dal presidente Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio provenienti da tutti i Paesi del mondo hanno spinto la Commissione Europea a lanciare una serie di contromisure per “proteggere” le aziende, i lavoratori e i consumatori europei dall’impatto delle “ingiustificate restrizioni commerciali” degli Stati Uniti. Pechino ha definito le tariffe imposte da Trump una violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, sostenendo che il protezionismo non porta vincitori nelle guerre commerciali. Già lo scorso 10 marzo, la Cina ha applicato nuove tariffe più alte – del 10% e del 15% – su alcuni prodotti agricoli americani, in risposta all’ultimo aumento lanciato dal capo della Casa Bianca Donald Trump sulle importazioni cinesi. 

Perché Trump ha deciso di imporre dazi sull’acciaio e alluminio

Come maggiore produttore mondiale di acciaio, la Cina ha promesso di prendere “tutte le misure necessarie” per tutelare i suoi diritti e interessi. Tuttavia, il mercato americano non rappresenta la principale destinazione per le esportazioni cinesi. Secondo il Dipartimento del Commercio, lo scorso anno gli Stati Uniti si sono riforniti principalmente dal Canada, con 5,95 milioni di tonnellate importate. Seguono il Brasile, con 4,08 milioni, e l’Unione Europea che esporta 3,89 milioni di tonnellate. Il Messico fornisce 3,19 milioni di tonnellate, la Corea del Sud 2,5 milioni, davanti a Vietnam, Giappone e Taiwan, tutti intorno al milione, e la Cina circa 470mila tonnellate. 

Il settore dell’acciaio, che negli ultimi 50 anni ha avuto cicli alternati di crescita e crisi, sta affrontando ora un problema strutturale legato alla sovraccapacità. Questo eccesso di produzione è stato al centro delle critiche da parte di Trump, poiché i prezzi mondiali dell’acciaio sono scesi notevolmente nell’ultimo anno. L’Ocse stima che la sovraccapacità mondiale oscilli tra i 500 e i 560 milioni di tonnellate, gran parte della quale proviene dalla Cina o da acciaierie cinesi nel Sud est asiatico, che stanno saturando i mercati globali. Gli industriali europei e americani accusano Pechino di sovvenzionare massicciamente la propria produzione, con sussidi statali. Di fronte a questa situazione, Bruxelles sembra pronta a introdurre nuove misure per evitare che l’acciaio e l’alluminio cinesi, ora dirottati verso gli Stati Uniti, finiscano in Europa, rafforzando così la sua risposta ai dazi ripristinati da Washington.

La pressione di Trump che spinge Bruxelles verso Pechino

L’amministrazione Trump ha riacceso le tensioni con l’Unione Europea, riaprendo la guerra commerciale avviata durante il suo primo mandato e dimostrando di non dare peso a Bruxelles e alle sue proposte di aumentare gli acquisti di GNL statunitense per scongiurare la scure delle tariffe. Oltre alla pressione economica, Trump destabilizza l’Europa con il suo avvicinamento al presidente russo e con il sostegno esplicito ai leader europei dell’estrema destra, in particolare l’ungherese Viktor Orban e l’italiana Giorgia Meloni. Ma nel tentativo di indebolire l’Ue, Washington invece rischia di rafforzarne la compattezza, portando persino Bruxelles ad avvicinarsi a Pechino. 

Questo perché il motore dei rapporti tra Pechino e Bruxelles resta il commercio. La Cina è il secondo partner commerciale dell’Unione, subito dopo gli Stati Uniti. Secondo i dati Eurostat, nel 2024 la Cina si è confermata un attore chiave nel commercio europeo, diventando il terzo mercato di destinazione per le esportazioni dell’Ue (8,3 per cento) e il principale fornitore di importazioni (21,3 per cento). Il deficit commerciale dell’Ue, pur oscillando, ha raggiunto il massimo di 29 miliardi ad agosto 2024, chiudendo l’anno a 27,3 miliardi.

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Il presidente cinese Xi Jinping e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in videoconferenza (aprile 2022)

Un’interdipendenza economica rende difficile per Bruxelles adottare una linea unitaria nei confronti di Pechino. Con l’Ue sotto pressione per l’aumento dei dazi e della spesa per la difesa prevista dal piano ReArm, la Cina potrebbe emergere come un partner strategico per il Vecchio Continente. Tuttavia, le diverse capitali europee potrebbero seguire percorsi autonomi, come già accaduto in passato. I precedenti offrono spunti su come potrebbero evolversi i rapporti tra Europa e Cina.

Un esempio è la Germania, che mantiene forti legami commerciali e industriali con Pechino e lo scorso anno ha votato contro le tariffe di Bruxelles imposte sulle auto elettriche cinesi. Anche la Gran Bretagna, ormai fuori dall’Unione, ha intensificato il dialogo diplomatico con la Cina sotto la guida laburista di Keir Starmer. Al contrario, la Lituania, che è stata colpita da un boicottaggio di Pechino per aver mantenuto relazioni con Taiwan, ha un approccio molto duro e scettico nei confronti del gigante asiatico.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, finora promotrice di un approccio più assertivo nei confronti della Cina, ha recentemente lasciato intravedere la possibilità di un riavvicinamento con il gigante asiatico. “Continueremo a ridurre i rischi della nostra relazione economica, ma c’è spazio per un impegno costruttivo con la Cina, trovando soluzioni di reciproco interesse”, ha dichiarato a Bruxelles agli ambasciatori dell’Ue, riprendendo concetti espressi anche al World Economic Forum di Davos.  

Ciononostante, le relazioni tra Washington, Pechino e Bruxelles sono ancora tutte in divenire. Durante la prima amministrazione Trump, gli Stati Uniti avevano esercitato forti pressioni sull’Ue, come per esempio l’uso della tecnologia Huawei nelle reti 5G (che non ha prodotto risultati entusiasmanti per Washington), alimentando una distanza da Pechino. Ma i tempi sono cambiati e la minaccia rappresentata dalla Russia – che la Cina sostiene economicamente e politicamente – e la scure dei dazi statunitensi potrebbe capovolgere il quadro geopolitico e commerciale. 

Il bisogno cinese per spingere le sue “nuove forze produttive”

La Cina sembra pronta a smorzare le tensioni commerciali con l’Unione Europea, nate dai dazi su auto elettriche e pannelli fotovoltaici, oltre che dalle nuove restrizioni per le aziende cinesi negli appalti pubblici europei. Il messaggio arrivato dalle recenti “Due Sessioni” di Pechino è chiaro: l’ascesa della Cina non si fermerà. Durante questo appuntamento chiave della politica cinese, i leader hanno tracciato gli obiettivi economici e politici per l’anno a venire, puntando a stimolare la domanda interna per ridurre la dipendenza dalle esportazioni e sostenere un’economia in rallentamento. Altro obiettivo strategico è consolidare il piano di Xi Jinping per trasformare la Cina in una superpotenza tecnologica, aumentando gli investimenti e coinvolgendo il settore privato. Un obiettivo che la Cina vuole raggiungere per proteggersi dalle sanzioni e dalle restrizioni alle catene di approvvigionamento imposte da Washington.

Anche se Pechino si muove in un contesto di difficoltà interne legate alla crisi immobiliare, all’aumento del debito pubblico locale e alla debolezza dei consumi, punta a trasmettere fiducia e lo fa fissando un obiettivo di crescita del 5 per cento per il 2025. E per sostenerlo, il governo prevede un aumento della spesa pubblica, con il deficit di bilancio destinato a raggiungere i livelli più alti degli ultimi decenni. 

Pechino punta a trasformare il suo modello di sviluppo per renderlo meno dipendente dall’esterno e più incentrato sulle “nuove forze produttive”: più chip, intelligenza artificiale, industria tecnologica verde. Per riuscirci, la Cina ha bisogno di un partner commerciale strategico. E potrebbe sceglierlo in base a chi imporrà meno dazi. 

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