Presentata la mozione di impeachment contro il presidente Yoon Suk-yeol, accusato di un “grave atto di insurrezione” e di violazione della Costituzione democratica
Dopo l’annuncio e la revoca della legge marziale nel giro di poche ore, sono pesantissime le pressioni contro il presidente della Corea del Sud Yoon Suk-yeol. Le forze di opposizione hanno dichiarato che è stata presentata una mozione di impeachment, che dovrebbe essere votata entro il 6 o il 7 dicembre. L’intero Paese – Parlamento, sindacati e principali media uniti – chiedono che Yoon Suk-yeol faccia un passo indietro dopo quello che appare un tentativo sventato di golpe.
“Un grave atto di ribellione” e una violazione della Costituzione, accusa la principale forza di opposizione sudcoreana, il Partito Democratico. “Non ha rispettato alcun requisito per dichiarare” la legge marziale, il che “fornisce una base perfetta per il suo impeachment”. Per mettere il presidente sotto accusa sarebbe necessario il sostegno di due terzi del Parlamento, ovvero 200 dei suoi 300 deputati. Le opposizioni contano insieme 192 seggi, ma anche dal partito al governo, il People Power Party, il sostegno al presidente vacilla.
Perché il presidente ha dichiarato la legge marziale
Il partito al governo, che non conta però su una vera maggioranza parlamentare, già nelle scorse ore si è unito al Partito Democratico e alle altre opposizioni nella richiesta di dimissioni. Il leader del partito, Han Dong-hun ha sollecitato il presidente a fornire una spiegazione su una decisione di cui ha dichiarato di non essere a conoscenza, chiedendo inoltre di licenziare il ministro della Difesa Kim Yong-hyun, ritenuto la mente dietro la mossa di Yoon.
Nella dichiarazione di legge marziale, arrivata a sorpresa in tv nella serata di martedì 3 dicembre (primo pomeriggio in Italia), il presidente Yoon ha parlato della necessità di “eradicare le forze Nordcoreane” dalla Corea del Sud, accusando le opposizioni di paralizzare le funzioni essenziali dello Stato, bloccando il lavoro del governo con metodi anti-sistema.
La legge marziale, concepita per affrontare situazioni di conflitto, implica l’assegnazione di poteri straordinari all’esercito, la sospensione di tutte le attività politiche e una fortissima limitazione di molte libertà tra cui quella di stampa, il cui controllo può essere assunto dal governo. Il parlamento ha votato all’unanimità contro la legge marziale e dopo alcune ore di caos, con dispiegamento di militari e manifestazioni davanti all’Assemblea nazionale, il presidente ne ha annunciato la revoca.
Cosa rischia ora: l’accusa di insurrezione
In seguito alcuni alti consiglieri e segretari di Yoon hanno offerto le loro dimissioni in massa e alcuni membri dello staff e della comunicazione si sono già fatti da parte. Nonostante l’invito alla responsabilità del premier Han Duck-soo, secondo i media tutti i membri del governo, tra cui il ministro degli Esteri e quello delle Finanze, avrebbero espresso la volontà di dimettersi.
Il Partito Democratico ha annunciato che presenterà accusa di insurrezione contro il presidente, il ministro della di Difesa e degli Interni, insieme a “figure chiave di esercito e polizia coinvolte, come il comandante della legge marziale e il capo della polizia”. Da parte sua, il massimo generale della Corea del Sud non ha per ora commentato nel merito la situazione, limitandosi a richiamare l’esercito al mantenimento di una “posizione ferma” di fronte alle possibili minacce della Corea del Nord.
Per quanto riguarda la procedura di impeachment, il disegno di legge proposto congiuntamente dalle forze parlamentari è stato già depositato all’Assemblea nazionale e entro la giornata di sabato 7 dicembre verrà sottoposto alla sessione plenaria per essere votato.
La costituzione sudcoreana prevede che l’impeachment venga proposto dalla maggioranza del parlamento e approvato dai due terzi dei deputati. La proposta passerebbe poi alla Corte costituzionale, dove viene richiesta l’approvazione di almeno sei giudici. Durante il processo, per il presidente scatterebbe la sospensione dei poteri, fino alla sentenza di impeachment.