La Dali sarebbe stata “chiaramente non idonea alla navigazione” e “niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere”, dicono gli avvocati che rappresentano il consiglio comunale. La nave aveva già riscontrato, senza fare nulla, problemi all’alimentazione elettrica dei container, quella mattina stessa, ma aveva lo stesso preso il mare. Il Francis Scott Key Bridge è crollato per l’effetto domino
La città di Baltimora ha citato in giudizio gli operatori della portacontainer che ha distrutto il Francis Scott Key Bridge, uccidendo sei persone. Il disastro risale a un mese fa. Che cosa hanno scoperto? Cosa è successo prima del disastroso blackout che ha reso ingovernabile un “mostro” lungo 300 metei, da centinaia di migliaia di tonnellate?
La portacontainer Dali “chiaramente non idonea alla navigazione”
La Dali sarebbe stata “chiaramente non idonea alla navigazione, niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere”, hanno sostenuto gli avvocati che rappresentano il sindaco e il consiglio comunale. La nave aveva già riscontrato, senza fare nulla, problemi all’alimentazione elettrica dei container, quella mattina stessa, ma aveva lo stesso preso il mare. Aveva “un equipaggio incompetente, disattento, privo di addestramento”. L’incidente è stato il risultato diretto di “incuria, negligenza e imprudenza”. Sarà una battaglia legale senza esclusione di colpi: le richieste di indennizzo saranno di miliardi per i costi di sostituzione del ponte, deviazione del traffico, pulizia del fiume Patapsco e recupero delle entrate perse associate ai disagi al porto di Baltimora.
Il proprietario e gli operatori della nave portacontainer Dali che ha fatto crollare il Francis Scott Key Bridge a Baltimora il mese scorso vengono dunque accusati di aver consapevolmente permesso a una nave “non idonea alla navigazione” di lasciare il porto. Sono direttamente responsabili dell’incidente, secondo documenti giudiziari depositati questa settimana dai legali in risposta a una richiesta dell’armatore della nave e della sua società di gestione, che chiedeva di limitare la loro responsabilità finanziaria per l’incidente del 26 marzo.
Tutto ruota intorno a un problema di alimentazione elettrica
Tutto, o comunque molto, ruota intorno a un problema di alimentazione elettrica riscontrato alcune ore prima di lasciare il porto di Baltimora, in direzione Sri Lanka. Invece di risolvere il problema, secondo i legali del “comune” di Baltimora, i responsabili della nave lo hanno quasi ignorato prima di lasciare il porto. Passarono solo pochi minuti e la Dali perse potenza e colpì il ponte, “causando il crollo immediato, uccidendo almeno sei persone, bloccando il principale motore economico della regione”, ha affermato la città in uno dei suoi documenti.
Un articolo dell’Associated Press del 15 aprile ha rivelato, citando una fonte anonima, che gli allarmi erano suonati su alcuni dei container refrigerati della nave prima che lasciasse il porto, indicando problemi generali all’alimentazione elettrica. Quindi né l’armatore della nave né il suo gestore avrebbero responsabilità limitate nel caso, sostiene la città, perché non hanno addestrato e supervisionato adeguatamente l’equipaggio, non hanno seguito le norme di sicurezza e le procedure operative, e non hanno effettuato la manutenzione, l’equipaggiamento e l’ispezione adeguati della nave. L’incidente sarebbe stato il risultato diretto della “incuria, negligenza e imprudenza del proprietario e degli operatori, nonché dell’inidoneità alla navigazione della nave”, ha affermato la città.
Il proprietario e gestore del Dali, di Singapore, aveva presentato una petizione congiunta presso il tribunale distrettuale del Maryland all’inizio di questo mese sostenendo che l’incidente “non era dovuto ad alcuna colpa, negligenza o mancanza di cure” da parte sua. Il contenzioso sarà lunghissimo, e le indagini sulla causa dell’incidente ancora in corso. Gli investigatori del National Transportation Safety Board e della Guardia costiera americana stanno ancora cercando di determinare la causa del blackout sulla Dali. L’Fbi ha anche avviato un’indagine penale.
Armatore e gestore della portacontainer hanno chiesto ufficialmente di limitare la loro responsabilità per l’incidente a 43,7 milioni di dollari, l’equivalente del valore totale della nave e del suo carico, in conformità con il Limitation of Liability Act del 1851: si tratta di una legge consente all’armatore di limitare la propria responsabilità quando si verifica una situazione al di fuori del suo controllo, indipendenti dalla sua volontà. È probabile che le richieste di indennizzo per l’incidente superino diversi miliardi di dollari.
Il ponte è crollato per l’effetto domino
Erano operai che rifacevano il manto stradale le vittime del disastro. I poliziotti balzati in mezzo alla carreggiata hanno bloccato il traffico ed evitato una strage. E’ crollato, spiegano gli esperti, per effetto domino: è bastato un urto localizzato per far cedere l’intera struttura. Le opere del passato non avevano la ridondanza e la robustezza strutturale odierne (e le navi cargo erano di dimensioni molto inferiori). Il domino è avvenuto quando è stata colpita una pila del ponte, causando di fatto la perdita di appoggio: un effetto sproporzionato rispetto alle cause che lo hanno generato. Nei ponti moderni il danno sarebbe stato limitato alla zona colpita.
La maggior parte dell’equipaggio della Dali, una nave portacontainer lunga 289 metri, proviene dall’India. Un uomo a bordo è rimasto leggermente ferito quando la nave si è scontrata con il ponte. Per ora, non è previsto lo sbarco dell’equipaggio della Dali: è improbabile che lascino la nave finché non verrà spostata. Un processo complicato e potenzialmente lungo molti mesi.
Fonte: Today