Covid, ci risiamo: dilaga la nuova variante Xec, quali sono i sintomi

07.10.2024
Covid, ci risiamo: dilaga la nuova variante Xec, quali sono i sintomi
Covid, ci risiamo: dilaga la nuova variante Xec, quali sono i sintomi

Segnalata per la prima volta lo scorso giugno a Berlino, questa sottovariante del coronavirus (un ibrido tra altre due “colleghe” targate Omicron) si sta diffondendo sempre più rapidamente a causa della sua alta trasmissibilità. Un esempio è quanto sta accadendo in Veneto, dove a fine settembre i contagi sono cresciuti. L’ultimo bollettino del ministero e cosa dicono gli esperti

All’inizio del mese di ottobre si sta diffondendo sempre più rapidamente una nuova sottavariante del coronavirus, soprattutto negli Stati Uniti. Altamente trasmissibile, secondo gli esperti potrebbe diventare il ceppo dominante nel periodo invernale alle porte, anche in Italia. Si tratta di “Xec”, con cui l’Italia ha già fatto conoscenza quantomeno dallo scorso mese di luglio, quando è stata “segnalata” per la prima volta. Attualmente presente in molti Paesi, non sembra che Xec porti di per sé ad una malattia grave, fermo restando la pericolosità del virus per le fasce più deboli. Preoccupa invece la sua rapida trasmissione.

Scientificamente, Xec è una variante ricombinante, cioè un ibrido dovuto alla fusione e riorganizzazione di altre due sottovarianti: Omicron KP.3.3 e KS.1.1. Identificata per la prima volta lo scorso giugno in Germania, a Berlino, è al momento responsabile del 5,7% delle infezioni negli Stati Uniti, e grazie alla sua alta trasmissibilità è diventata in breve tempo la quinta variante più diffusa. Sulla sottovariante Xec è intervenuto anche il virologo Fabrizio Pregliasco all’Adnkronos Salute. “Il Covid è in una fase di risalita a causa della ripresa delle scuole”, ha detto.

Xec, la variante dell’inverno

Si va quindi verso una nuova ondata di contagi guidata, appunto, “dal ricombinante Xec, che cresce e sarà sicuramente la variante dell’inverno”. Si inserirà tuttavia in un contesto dominato da un “cocktail di virus simil-influenzali”, con “sintomi praticamente indistinguibili tra Covid-19 e influenza”. Ecco perché anziani e fragili, spiega il professor Pregliasco, “devono fare il tampone per capire che malattia sia”. E, di conseguenza, farsi prescrivere i farmaci giusti per evitare forme gravi. Ma andiamo con ordine, dando un’occhiata ai numeri aggiornati sulla situazione del Covid in Italia.

Gli ultimi dati sui contagi Covid

Nell’ultima settimana sono saliti i casi di coronavirus nel nostro Paese: in 7 giorni ne sono stati registrati 13.073, rispetto agli 11.164 del periodo precedente. In aumento i tamponi, 95.017, rispetto agli 85.030 di 7 giorni fa. Diminuiscono invece i decessi, pari a 85 (erano 112 una settimana fa). Il tasso di positività cresce al 13,8% (prima era al 13,1%). Questa la fotografia più aggiornata sullo stato del Covid in Italia nel consueto bollettino settimanale del ministero della Salute. I dati della sorveglianza integrata dell’Iss (Istituto superiore di sanità) relativi al periodo 23-29 settembre mostrano un’incidenza di 21 casi per centomila abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente (16-22 settembre), pari a 16.

L’incidenza settimanale (23-29 settembre) risulta in lieve aumento nella maggior parte delle regioni rispetto al periodo precedente. L’incidenza più elevata è stata riportata in Veneto (41,3 casi per centomila abitanti), e la più bassa in Calabria, in cui non sono stati riportati casi nella settimana di osservazione.

L’indice di trasmissibilità (Rt) calcolato con dati aggiornati al 2 ottobre e basato sui casi con ricovero ospedaliero, è al momento 1,20 e in lieve aumento rispetto all’ultima rilevazione (0,90). I tassi di ospedalizzazione e mortalità sono più elevati nelle fasce di età più alte. Ecco un breve spaccato: il tasso di ospedalizzazione nella fascia 80-89 anni è 75 per milione di abitanti, mentre nella fascia over 90 abitanti è 143 per milione di abitanti. Il tasso di ricovero in terapia intensiva nelle fasce 70-79 e 80-89 anni è pari rispettivamente a uno e due per milione di abitanti. Il tasso di mortalità, invece, nelle fasce 80-89 anni e maggiore di 90 anni è pari rispettivamente a 5 e 21 per milione di abitanti. Le fasce di età che registrano il più alto tasso di incidenza settimanale sono le stesse fin qui citate: 80-89 anni e più di 90 anni.

La sottovariante Xec in crescita in Italia

L’incidenza settimanale è stabile nella maggior parte delle fasce d’età. L’età mediana alla diagnosi è di 60 anni, stabile rispetto all’ultima rilevazione. La percentuale di reinfezioni è il 49% circa: un valore anch’esso stabile. I dati preliminari dell’Iss relativi al mese di settembre 2024 (e aggiornati al giorno 29 del mese in questione) evidenziano la co-circolazione di differenti sottovarianti di JN.1 già oggetto di attenzione a livello internazionale, con una predominanza di KP.3.1.1. Attenzione, però: come scrive nero su bianco l’Istituto superiore di sanità, è in crescita la proporzione di sequenziamenti attribuibili al lignaggio ricombinante Xec.

Il picco di contagi in Veneto

Già a fine settembre, la stampa locale segnalava come la Regione Veneto fosse quella con l’incidenza più alta, “con quattro decessi accertati e dieci ricoveri in terapia intensiva in 7 giorni” (dati aggiornati al 27 settembre). In quel periodo il Veneto ha conosciuto un “aumento preoccupante dei contagi”. I nuovi casi in quei giorni (17-24 settembre) sono stati 1.706, di cui 964 donne e 742 uomini. La maggior parte aveva tra i 45 e i 64 anni. L’incidenza dei tamponi positivi aveva poi raggiunto i 35 ogni centomila abitanti, mentre la settimana precedente ammontavano a 24. La media nazionale è ferma a 16: per questo il Veneto, secondo gli esperti, si è attestata come la Regione più colpita dalla sottovariante Xec.

L’elevata trasmissibilità e i sintomi

Come dimostra il caso del Veneto, Xec fa aumentare i contagi a causa della sua alta trasmissibilità. E quali sono i sintomi di questa sottovariante? A fare un quadro generale è il professor Vincenzo Baldo, docente ordinario di Igiene e medicina preventiva all’università di Padova. “I sintomi sono sempre gli stessi: febbre, dolori muscolari, stanchezza, tosse, mal di gola. Ma i contagi da Sars-Cov-2 non sono mai finiti e riguardano anche gli asintomatici”, ha puntualizzato l’esperto. Questi “possono rappresentare un pericolo per le persone fragili con cui vengono in contatto non sapendo di aver contratto il virus”. E questo in genere avviene perché sempre meno persone ricorrono ai test dal medico o in farmacia (anche perché non c’è più un obbligo): preferiscono infatti un test fatto in casa, oppure evitano proprio di fare gli accertamenti.

Allo stato attuale, dunque,  Xec non sembra causare sintomi più gravi di quelli che già conosciamo, al netto degli effetti sempre preoccupanti per le fasce di età più alte. C’è comunque un aspetto da considerare, che non lascia tranquilli gli esperti: la sua alta trasmissibilità. Non sembra esserci al momento alcun cambiamento nel comportamento del virus al di fuori della maggiore trasmissibilità, che ha portato la nuova sottovariante a soppantiare le varianti “colleghe” in alcune aree d’Europa. In queste zone il tasso di infezioni è aumentato più rapidamente rispetto a quanto visto con altre sottovarianti.

L’importanza del vaccino

L’arma a disposizione per combattere la sottovariante Xec, ricordano gli esperti, è il vaccino, adatto a prevenire le forme più gravi di Covid. Questo anche perché, spiega il professor Vincenzo Baldo, “con il passare del tempo è emersa sempre più chiaramente la capacità del virus di causare, in alcune persone, sintomi persistenti come affaticamento, difficoltà respiratorie, dolori muscolari e articolari, mal di testa, problemi di concentrazione e memoria e molti altri che rientrano appunto nel Long Covid e che peggiorano la qualità della vita”.

Secondo gli esperti, i vaccini Pfizer e Moderna aggiornati dovrebbero offrire una certa protezione anche contro Xec, non essendo possibile garantire una copertura al 100%. Il vaccino rimane un’arma preventiva soprattutto contro la possibile forma grave della malattia. Ecco perché viene raccomandato di sottoporsi alla vaccinazione, soprattutto se si fa parte di una classe di pazienti ad alto rischio.

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