Sostenendo i commissari del nuovo esecutivo, la premier italiana punta a diventare indispensabile per la “maggioranza operativa” del Parlamento Ue. Lo scopo è anche evitare uno scontro per tutelare Fitto
Giorgia Meloni sembra intenzionata a dimostrare di poter essere una partner affidabile (forse addirittura indispensabile) per la nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Dopo essersi astenuta in Consiglio europeo sulla nomina della tedesca, e dopo che Fratelli d’Italia ha addirittura votato contro alla fiducia al Parlamento europeo, ora le cose sembrano essere cambiate e il tempo degli scontri sembra solo un ricordo lontano.
La ‘maggioranza operativa’
A Bruxelles sono in corso le audizioni dei candidati al ruolo di commissario nel nuovo esecutivo, e finora il gruppo dei Conservatori e riformisti Ecr (di cui fa parte FdI e del cui partito europeo Meloni è la leader), ha dato il suo via libera a tutti, esprimendo una riserva solo su una nomina che aveva diviso il gruppo, quella della belga Hadja Lahbib. Le audizioni dei commissari sono pubbliche, ma il parere dei gruppi non sempre viene comunicato, anche se poi di fatto trapela.
L’Ecr nei primi quattro giorni di audizioni non ha pubblicato nessun comunicato stampa, ma secondo diverse indiscrezioni ha appoggiato 19 nomine su 20. L’ok ai commissari deve arrivare a maggioranza qualificata in un voto dei soli leader dei gruppi politici. Questo velocizza il processo anche se, quando questa maggioranza qualificata non si raggiunge, può bastare la maggioranza semplice che però deve arrivare con un voto dei deputati.
Finora i conservatori hanno permesso di far procedere il processo in modo spedito, qualificandosi così anche come partner fondamentali per ottenere un’ampia convergenza in Aula. Il loro contributo dimostra che il gruppo fa ora parte della “maggioranza operativa” del Parlamento, mentre “senza l’Ecr non c’era la maggioranza dei due terzi” per nessun commissario, ha dichiarato una fonte del gruppo a Politico, influente testata europea specializzata in politica comunitaria.
Difendere Fitto
Ci sono però anche altra ragioni per questo comportamento. Il gruppo, che fa del sovranismo una delle sue bandiere, vuole dimostrare di rispettare la volontà di ciascun Paese membro. I Conservatori poi non sono interessati a uno scontro con gli altri gruppi politici, soprattutto con i socialisti e i liberali. Questo perché martedì prossimo, il 12 novembre, sarà il turno dell’italiano Raffaele Fitto di finire sotto esame da parte dei deputati. E per lui le cose non saranno semplicissime.
Socialisti e liberali hanno contestato la sua nomina come vicepresidente esecutivo, una carica secondo questi gruppi non doveva essere affidata a una formazione della destra radicale e a un partito che non ha appoggiato von der Leyen in Consiglio europeo. Per questo non si esclude che Fitto possa essere ‘rimandato’ e che, dopo l’audizione, a lui possa essere richiesto di rispondere a ulteriori domande o addirittura di dover tornare in Aula.
Finora l’unico a ottenere un risultato del genere è stato l’ungherese Olivier Varhelyi, contestato per le risposte ritenuto poco convincenti su aborto e vaccini, ma che di fatto è finito sotto il fuoco incrociato di socialisti e liberali che volevano colpire Viktor Orban attraverso di lui (anche perché l’aborto non è un tema su cui l’Unione europea ha competenza).
Il Ppe fa scudo
Ma Fitto può comunque dormire sonni tranquilli, essendo stato blindato dai popolari, che sono pronti a farla pagare ai socialisti se qualcosa dovesse andare storto all’audizione del candidato italiano. “Simul stabunt, simul cadent”, ha dichiarato il forzista Fulvio Martusciello, citando il detto latino che significa “insieme staranno oppure insieme cadranno”. Il riferimento è alla socialista spagnola, Teresa Ribera, candidata come Fitto alla carica di vicepresidente esecutiva. I socialisti “continuano a minacciare Fitto con una pistola scarica, dimenticando che l’audizione di Teresa Ribera è fissata dopo quella di Fitto”, ha avvertito Martusciello, lasciando intendere che la bocciatura del primo porterebbe alla bocciatura della seconda.