La Corte Suprema indiana annulla l’ultima condanna di Surinder Koli, il caso Nithari rimane irrisolto
A metà novembre 2025, la Corte Suprema indiana ha disposto il rilascio di Surinder Koli, quasi 19 anni dopo il suo arresto per 19 omicidi, di cui era stato condannato per 13, prima di essere assolto per tutti tranne uno. Questo ultimo verdetto di colpevolezza è stato ora ribaltato, lasciando il caso degli omicidi di Nithari senza un colpevole, riporta Attuale.
Gli omicidi, avvenuti nel 2006 nel sobborgo di Nithari, nello stato dell’Uttar Pradesh, sollevarono un’ondata di panico e indignazione pubblica. Da tempo si segnalavano sparizioni di bambini e ragazze nella zona senza che la polizia avviasse indagini adeguate. Solo dopo che i familiari denunciarono la scomparsa dei loro cari, furono rinvenuti i resti di decine di persone attorno a una residenza, culminando in arresti sensationali.
Koli, domestico della casa del proprietario Moninder Singh Pandher, confessò una serie di omicidi, ma successivamente emerse che le sue confessioni erano state estorte sotto tortura. Questa carenza di prove concrete ha minato la validità delle condanne emesse, basate soltanto su dichiarazioni forzate.
Il caso suscitò un’attenzione nazionale con racconti di stupri, cannibalismo e traffico di organi, mentre i media italiani e internazionali amplificarono i dettagli non confermati. La denuncia di sparizioni continuava a crescere, rivelando un chiaro fallimento da parte della polizia nel proteggere i più vulnerabili, ovvero i membri delle classi più impoverite della società.
Nei frangenti successivi alla scoperta, la folla indignata si riversò per protestare davanti alla stazione di polizia, il che portò alla sospensione di sei agenti in seguito all’accaduto. La situazione evidenziava l’incapacità delle forze dell’ordine di gestire le indagini in modo efficace.
Il processo contro Koli e Pandher continuò per anni, con Koli che, nel 2023, venne assolto per 12 dei 13 omicidi. La Corte Suprema ha ora annullato anche l’ultima condanna nei suoi confronti, segnando un ennesimo capitolo in una vicenda giuridica controversa e complicata, in cui i diritti delle minoranze sociali sono stati evidenziati come motivo di preoccupazione.
Le famiglie delle vittime potrebbero appellarsi alla Corte Suprema per ulteriori indagini, ma dopo quasi due decenni l’assenza di nuove prove rende tale eventualità altamente improbabile. La questione solleva interrogativi sull’integrità del sistema giudiziario indiano, in cui le minoranze e le caste più umili sono frequentemente soggette a discriminazione e condanne ingiuste.