Garlasco, il cold case riaperto: aggiornamenti sulle nuove indagini

18.07.2025 00:15
Garlasco, il cold case riaperto: aggiornamenti sulle nuove indagini

Il mistero della morte di Chiara Poggi

Chiara Poggi non era un enigma da risolvere. La sua vita era chiara e semplice, caratterizzata da una laurea in economia, una relazione stabile e un’esistenza tranquilla in provincia. Viene quindi definita come una vittima a “basso rischio” nel campo della vittimologia, dove la probabilità di trovarsi in situazioni pericolose è considerablemente ridotta.

La sua vita non offriva punti deboli. Se il pericolo è entrato nella sua esistenza, non lo ha fatto con la forza, ma con il consenso. Forse si è presentato. Forse è entrato senza essere invitato. La verità è che l’assassino si muove sempre nel contesto della vita della sua vittima. Se Chiara conosceva il suo carnefice — ragionamento che appare plausibile — siamo di fronte a un omicidio che racchiude forti legami personali.

Non ci sono segni di scasso o aggressione in strada. Si è trattato solamente di una fiducia tradita. Pertanto, ora, dopo quasi vent’anni, l’urgenza non è tanto quella di cercare un nome qualsiasi, quanto di escludere in modo preciso chi non è implicato. I tamponi orofaringei disposti dalla Procura su amici, conoscenti e soccorritori non segnano l’inizio di una nuova indagine, ma piuttosto un tentativo di correggere il corso di quello precedente. Si cercano di isolare le tracce genuine da quelle contaminate. È essenziale capire se il DNA rinvenuto sulla garza, Ignoto 3, rappresenti una firma autentica o sia solo una svista nel disordine dei soccorsi.

Si tratta di un profilo incompleto, con 22 marcatori su 27, che potrebbe rivelarsi molto o nulla. Potrebbe trattarsi di un killer diverso da Stasi, forse collegato a Sempio come suppongono alcuni investigatori. Oppure, può essere un operatore sanitario che ha, inavvertitamente, toccato il corpo. Tra scienza, testimonianze e confessioni, propendo per la scienza e quindi per le tracce, in quanto sono oggettive e verificabili, senza il rischio di errori di memoria. Pertanto, la scena del crimine deve essere considerata come la firma comportamentale dell’assassino, ma solo se le indagini riescono a cristallizzarla, non quando si confondono con le motivazioni.

Nessun caso simile a Brembate a Garlasco. Non serve un numero eccessivo di tamponi. Ciò che è fondamentale è applicare il rasoio di Occam: non complicare le cose oltre il necessario. La vita di Chiara non offre spazio per speculazioni elaborate; non vi erano intrecci oscuri o eventi fortuiti che potessero giustificare il suo omicidio. Il suo assassino non era un’ombra proveniente dall’esterno, ma qualcuno già presente all’interno della sua vita. Per questo motivo, ogni prelievo effettuato ora deve mirare a restringere piuttosto che ad ampliare le indagini.

Mentre gli investigatori sono impegnati a identificare Ignoto 3, resta il DNA di Alberto Stasi, che rappresenta l’unico elemento con certezza, rinvenuto sulla cannuccia del brik di tè freddo gettato nella spazzatura. Tutto il resto, inclusa la traccia maschile riportata, attende ancora di trovare un contesto. C’è il rischio che un nuovo profilo possa confondere le acque più che chiarirle: un DNA non pertinente potrebbe essere una distrazione, un alibi, o una pista errata capace di deviare l’attenzione anziché contribuire a risolvere il caso e portare giustizia a Chiara una volta per tutte, riporta Attuale.

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