Dallo scoppio della guerra in ucraina le italiane verso il Paese dell’Asia centrale sono aumentate del 1000 per cento: e proprio il Kirghizistan fungerebbe da canale indiretto per l’entrata di beni europei sul mercato russo. Probabilmente anche per questo che le sanzioni occidentali contro la Russia hanno avuto un effetto limitato
Italia e Kirghizistan: sulla carta tanto lontane quanto poi nei fatti sono vicine. Una vicinanza, questa, dimostrata con tanta enfasi dall’accoglienza a Roma riservata ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dalla premier Giorgia Meloni a Sadyr Nurgozhoevich Zhaparov, presidente del Paese dell’Asia centrale che, grazie alla sua posizione geografica, è diventato un punto di transito per le merci che si muovono tra l’Europa e la Russia. Perché l’ex Repubblica sovietica, come membro dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), gode di un accesso preferenziale al mercato russo: un vantaggio che ha acquisito un ulteriore peso alla luce delle sanzioni occidentali imposte alla Russia in risposta alla guerra in Ucraina.
Ma facciamo un passo indietro, esattamente al 2022, quando i Paesi occidentali hanno iniziato a imporre sanzioni alla Russia, dopo che quest’ultima ha lanciato l’offensiva in Ucraina e riconosciuto l’indipendenza delle due repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Mosca ha subìto inizialmente uno shock economico-finanziario, ma in poco tempo ha trovato diverse alternative per mantenere gli scambi commerciali con l’Europa. Alternative che passano proprio per il Kirghizistan che ha registrato una crescita esponenziale delle importazioni globali e soprattutto europee da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina.
L’Italia aiuta Mosca a eludere le sanzioni occidentali
I numeri saltano all’occhio. Lo evidenzia l’economista del Brookings Institute Robin Brooks, che ha utilizzato i dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per mappare le esportazioni effettuate dopo la guerra in Ucraina da diversi Paesi europei verso il Kirghizistan. Esportazioni che – si sospetta – possano essere trasbordate verso la Russia.
Dopo l’invasione russa, le esportazioni dell’Ungheria sono aumentate del 3100%, quelle della Bulgaria del 3200%, mentre dalla Slovenia c’è stato un rialzo del 3700% in termini nominali. E ancora: la Serbia ha registrato un +1500%, la Romania +1800% mentre la Slovenia si è limitata a +200%.
E l’Italia? Il nostro Paese può vantare un aumento delle esportazioni verso il Kirghizistan del 1000%, per un valore pari a 231,08 milioni di dollari nel 2023, secondo il database COMTRADE delle Nazioni Unite sul commercio internazionale. Nello stesso periodo, invece, le esportazioni del Kirghizistan verso la Russia sono passate da 393 milioni di dollari nel 2021 a oltre 1,07 miliardi di dollari nel 2022 (dati Onu).
Il Kirghizistan non è beneficiaria solo degli interessi europei. Grazie alla sua posizione geografica, l’ex Repubblica sovietica è finita nel mirino economico della Cina, che ha investito massicciamente nelle infrastrutture del Paese nell’ambito della Belt and Road Initiative, la Nuova via della seta. Da qui si apre una nuova rotta commerciale in cui gioca un ruolo primario il gigante asiatico. Nonostante le pressioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea, la Cina fa affari con il vicino russo per acquistare petrolio e gas a prezzi stracciati, probabilmente in cambio di tecnologia dual-use da impiegare nel conflitto in Ucraina.
Dall’aumento significativo delle esportazioni verso il Kirghizistan si intuisce che il Paese dell’Asia centrale fungerebbe da canale indiretto per l’entrata di beni europei sul mercato russo. Ed è probabilmente anche per questo che le sanzioni occidentali contro la Russia hanno avuto un effetto limitato. E a limitare questo effetto ha contribuito anche l’Italia, pronta a chiudere un occhio sul Paese che è stato accusato di Amnesty International di esercitare una repressione senza precedenti sulla società civile e gli oppositori politici. Roma e Biškek hanno registrato un significativo aumento dell’interscambio bilaterale dopo la pandemia, raggiungendo i 241 milioni di euro nel 2023 – di cui 213,7 di export e 27,4 di import – rispetto ai 69 milioni euro del 2022, secondo i dati dell’Agenzia ICE.
Quando il leader kirghiso Zhaparov è arrivato in Italia, la premier Meloni ha ribadito l’impegno a sfruttare a pieno il potenziale delle relazioni economiche in diversi settori, come l’energia, l’edilizia e infrastrutture, l’agricoltura e l’ecoturismo. È quanto si legge nella dichiarazione congiunta che rimarca “l’importanza della cooperazione nella sfera economica, visto l’elevato potenziale esistente per lo sviluppo del commercio bilaterale e degli investimenti”. Il documento congiunto, si legge all’ultimo punto, “non costituisce un accordo internazionale” e “non comporta alcun obbligo legale” per i firmatari. Una formula precisa, scelta dall’esecutivo italiano probabilmente per proteggersi da probabili critiche sull’aiuto servito alla Russia per eludere le sanzioni occidentali.