Lo stima l’Ocse: rispetto al 2019, i salari reali si sono contratti del 6,9%. Nessuna grande economia al mondo ha fatto peggio
Guardando alle principali economie mondiali, i lavoratori italiani sono quelli che hanno pagato di più il doppio colpo della crisi del Covid e dell’inflazione (e degli stipendi stagnanti): rispetto al 2019, i salari reali si sono contratti del 6,9%. Tradotto in potere d’acquisto, gli italiani guadagnano in media 2mila euro in meno all’anno rispetto a un lustro fa. È quanto emerge dall’Employment outlook annuale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
Confrontando i dati dell’ultimo trimestre del 2019 e quelli del primo trimestre del 2024, nei Paesi Ocse i salari reali sono cresciuti dell’1,5%. In Europa, alcune economie (Ungheria e Polonia) hanno visto una crescita anche del 10%, con la Grecia al 3,6%. Tra le principali potenze Ue, la Francia e l’Olanda hanno recuperato il gap con i livelli pre-pandemia, mentre in Germania e Spagna la contrazione è rispettivamente del 2 e del 2,5%. Restando nell’Ue, solo Svezia e Cechia fanno peggio dell’Italia. Se nel 2019 il salario medio italiano era di 32.710 euro, nel 2023 si è fermato a 30.844, sempre secondo l’Ocse.
Secondo l’Ocse, le cose non dovrebbero migliorare molto nei prossimi anni. Sebbene la situazione sia in via di miglioramento, grazie ai rinnovi di importanti contratti collettivi, soprattutto nel settore dei servizi, la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere contenuta nei prossimi due anni. Si prevede che i salari nominali (ovvero la retribuzione per dipendente) in Italia aumenteranno del 2,7% nel 2024 e del 2,5% nel 2025. Si tratta di aumenti “significativamente inferiori”, scrive l’Ocse, a quelli della maggior parte degli altri Paesi oggetto di studio.
Nella sua scheda sull’Italia, l’Ocse punta il dito anche sul nuovo Assegno di inclusione (Adi) che ha sostituito il reddito di cittadinanza: “Estendere l’idoneità all’Adi all’intera popolazione a rischio povertà e con prospettive di mercato del lavoro molto scarse garantirebbe che i più vulnerabili rimangano coperti da una rete di sicurezza sociale minima”, si legge nel rapporto.