Gli ultimi indipendenti: i media ungheresi sotto assedio

04.05.2025
Gli ultimi indipendenti: i media ungheresi sotto assedio
Gli ultimi indipendenti: i media ungheresi sotto assedio
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La sopravvivenza dei media indipendenti in Ungheria è ormai diventata una questione di rilievo non solo interno, ma anche a livello delle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo. Ciò che potrebbe sembrare un dettaglio nazionale – ovvero cosa leggono i cittadini ungheresi sui loro quotidiani o dispositivi elettronici – è ora oggetto di un’indagine formale da parte della Commissione europea.

Il 28 aprile, due testate indipendenti ungheresi (tra cui Magyar Hang e un’altra che ha preferito restare anonima) hanno presentato una denuncia ufficiale contro il governo di Viktor Orbán, accusandolo di finanziare in maniera selettiva solo i media allineati alla sua politica. Questo meccanismo ha creato una distorsione sistemica della concorrenza nel mercato dell’informazione: gli organi di stampa che dimostrano fedeltà al premier ricevono fondi statali, mentre quelli critici vengono economicamente soffocati.

Non è la prima volta che la questione arriva a Bruxelles. Una simile denuncia era già stata presentata nel 2019, ma giace ancora nei meandri della burocrazia comunitaria. Tuttavia, i nuovi elementi forniti sembrano sufficienti per comprovare il nesso diretto tra finanziamenti pubblici e fedeltà politica, aprendo la strada a sanzioni economiche contro Budapest, incluse richieste di restituzione di fondi UE e blocchi su futuri trasferimenti.

L’Ungheria è già sotto pressione per altri motivi: dal 2022 sono stati congelati oltre 20 miliardi di euro destinati al Paese, a causa delle continue violazioni dello stato di diritto. La Commissione europea indaga anche su interferenze nella magistratura, irregolarità negli appalti pubblici e attacchi alla libertà di stampa. A peggiorare il quadro, lo scorso inverno è emerso che i servizi segreti ungheresi hanno spiato funzionari europei in visita a Budapest, compresi ispettori dell’OLAF.

A rendere ancora più tesa la situazione è la legge sulla “protezione della sovranità nazionale”, approvata nel dicembre 2023, che di fatto consente al governo di colpire ogni forma di dissenso, limitando finanziamenti stranieri ai partiti d’opposizione e minacciando diversi diritti fondamentali tutelati dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.

Dal 2015 al 2023, oltre un miliardo di euro di pubblicità statale è stato riversato nei media filogovernativi. Questa cifra rappresenta circa lo 0,6% del PIL ungherese e supera l’intero bilancio statale dedicato alla cultura e alla comunicazione. Parallelamente, secondo Reporter Senza Frontiere, la libertà di stampa in Ungheria è crollata: oggi il Paese è al 25° posto su 27 nell’UE, e al 67° su 180 nel mondo.

L’intenzione di Budapest di uscire dalla Corte Penale Internazionale, annunciata a marzo 2025, non fa che aggravare l’isolamento del governo Orbán. Allo stesso tempo, la crescente impopolarità del partito Fidesz apre spazi per nuove forze politiche, come il movimento TISZA di Péter Magyar, in costante ascesa nei sondaggi.

In risposta, si fa strada l’idea – sempre più condivisa da numerosi leader europei – di avviare la procedura dell’articolo 7 del Trattato UE per sospendere il diritto di voto dell’Ungheria in sede comunitaria. Al momento, almeno 19 Stati sarebbero favorevoli. Tuttavia, basta un solo voto contrario per bloccare l’iniziativa: tra i possibili sostenitori di Budapest vi sarebbero Grecia, Slovacchia e Cipro.

In conclusione, senza un intervento deciso dell’UE, esiste un rischio concreto che in Ungheria sopravvivano solo quei media che scelgono – o sono costretti – a sostenere incondizionatamente Viktor Orbán.

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