Durante il fine settimana, domenica e lunedì, circa 15 milioni di elettori hanno esercitato il loro diritto di voto per i referendum riguardanti il lavoro e la cittadinanza. Tuttavia, per garantire l’approvazione delle proposte, era necessario superare almeno 25,5 milioni di voti, cifra che rappresenta il quorum del 50%, il quale non è stato raggiunto. Sebbene sia difficile trarre conclusioni definitive sui orientamenti politici di coloro che si sono recati alle urne, il fallimento nel raggiungere il quorum costituisce una battuta d’arresto per il fronte del “Sì”, sostenuto dalla CGIL e dal centrosinistra. Tuttavia, già dalla serata di lunedì, queste forze politiche hanno tentato di difendere il risultato offrendo interpretazioni politiche azzardate, riporta Attuale.
I dati forniti dal Ministero dell’Interno consentono di analizzare più a fondo le dinamiche di questo referendum, non solo in termini di affluenza, ma anche riguardo al sostegno dei quesiti. Particolarmente significativo appare il quesito sulla cittadinanza, che nelle ultime settimane ha sollevato particolare attenzione e mobilitazione tra gli elettori.
L’affluenza, fondamentale per comprendere l’esito del voto, si è attestata al 30,6% nel complesso, una cifra che evidenzia una flessione di quasi 20 punti percentuali rispetto al quorum. Considerando anche i voti espressi dagli italiani residenti all’estero, l’affluenza scende ulteriormente al 29,9%.
Le regioni con la maggiore partecipazione sono state la Toscana e l’Emilia-Romagna, tradizionalmente considerate bastioni del centrosinistra, seguite dal Piemonte e dalla Liguria. Al contrario, le regioni con la minore affluenza comprendono il Trentino-Alto Adige, la Sicilia e la Calabria.
Osservando la mappa delle affluenze regionali, emerge che la partecipazione è stata generalmente più elevata nel Centro-Nord rispetto al Sud, salvo rare eccezioni come il Trentino-Alto Adige. Firenze è stata la provincia più vicina a raggiungere il quorum, con un’affluenza del 46%, mentre Bolzano si è posizionata in fondo alla classifica con solo il 15,9%. Milano ha registrato il 35,4% e Roma il 34% di votanti.
Inoltre, l’affluenza è risultata più elevata nei comuni con una popolazione più grande, una maggiore presenza di stranieri e una quota più alta di laureati. Solo 28 comuni hanno superato il quorum e Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze, si distingue come il più popoloso tra di essi.
Secondo le analisi di YouTrend, questo referendum ha evidenziato uno dei tassi di affluenza più bassi degli ultimi anni, con ben 10 referendum abrogativi su 19 che non sono riusciti a superare il quorum. L’ultima volta in cui il quorum venne rispettato risale al 2011, in occasione del referendum sull’acqua pubblica che affrontava anche altre problematiche. I referendum abrogativi sono strumenti per modificare leggi, eliminando parti di esse: se la maggioranza degli elettori esprime un voto favorevole, la legge subisce automaticamente modifiche, rendendo essenziale il raggiungimento del quorum.
Per quanto riguarda i risultati specifici dei referendum sul lavoro, essi si sono rivelati sostanzialmente simili, mentre il quesito sulla cittadinanza merita particolari approfondimenti. Il primo quesito riguardava le procedure per gestire i licenziamenti illegittimi, prevedendo una modifica del Jobs Act introdotto nel 2015 dal governo di Matteo Renzi. Il secondo proposta chiedeva di abolire i limiti sui risarcimenti per licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti.
Il terzo quesito imponeva ai datori di lavoro di specificare, fin dall’inizio, le motivazioni per cui un candidato viene assunto con un contratto a termine piuttosto che con un contratto a tempo indeterminato. Il quarto quesito trattava la responsabilità dell’impresa committente e dell’appaltatrice in caso di incidenti sul lavoro.
Infine, il quinto quesito sulla cittadinanza mirava a ridurre il periodo di residenza regolare necessario in Italia per richiedere la cittadinanza, da 10 a 5 anni. Qui i voti favorevoli sono stati significativamente inferiori rispetto agli altri quesiti, con un 65% a favore e un 35% contro.
La Sardegna ha registrato la più alta percentuale di voti a favore del “Sì”, mentre il Trentino-Alto Adige si è rivelata la regione con il minor sostegno. In provincia di Bolzano, i voti contrari al “Sì” hanno superato quelli favorevoli, con 32.068 voti per il “No” corrispondenti al 52,1%, contro i 29.468 voti per il “Sì” che rappresentano il 47,9%. La distribuzione mostra il “Sì” più forte in alcune regioni del Centro e del Sud, in particolare nel Lazio, in Campania e in Toscana.
Come accaduto in molte elezioni recenti, i risultati regionali o provinciali non riflettono sempre l’impatto delle grandi città, dove una parte consistente dell’elettorato del centrosinistra, in particolare del Partito Democratico, è concentrata. Anche per questi referendum, le più grandi città italiane hanno mostrato un’affluenza maggiore, segnalando un sostegno molto superiore per il quesito sulla cittadinanza rispetto al resto delle province. Questa tendenza è ancor più evidente analizzando i dati a livello di quartiere: le zone centrali hanno mostrato percentuali molto più alte di voti favorevoli, in confronto alle periferie.