Il Kashmir indiano: un territorio conteso e colonizzato

30.06.2025 15:45
Il Kashmir indiano: un territorio conteso e colonizzato

Il Kashmir: Tra Sviluppo Infrastrutturale e Repressione Politica

A inizio giugno, il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha inaugurato un imponente ponte ferroviario. Lo ha percorso a piedi, sventolando una grande bandiera indiana. Il ponte rappresenta l’ultimo tassello di una linea ferroviaria che collega le regioni settentrionali dell’India con il Kashmir, un territorio himalaiano conteso tra India e Pakistan da quasi 80 anni. A maggio erano stati registrati scontri nel Kashmir, che avevano suscitato preoccupazioni per un possibile conflitto su larga scala tra i due paesi dotati di armi nucleari, riporta Attuale.

Negli ultimi anni, le politiche del governo Modi hanno radicalmente trasformato la situazione nel Kashmir indiano, riducendo il potere decisionale locale. Il controllo del governo centrale si è intensificato, con un crescente uso della repressione e della militarizzazione. Sono state avviate opere infrastrutturali significative, mirate a facilitare i movimenti e i trasporti all’interno del paese, permettendo a persone provenienti da altre regioni indiane di stabilirsi nel Kashmir.

Molti cittadini del Kashmir vedono in ciò una forma di colonizzazione e trasformazione della loro società, spinta dalla volontà di trasformare la regione a maggioranza musulmana in una zona a predominanza induista. Questa preoccupazione è condivisa anche da ONG e osservatori internazionali. I kashmiri discutono tra loro di queste tematiche in ambienti protetti, ma non possono esprimere apertamente le loro paure e le loro opinioni.

Il diritto di manifestare è stato praticamente annullato, e il controllo sui cittadini è esteso; anche piccole infrazioni possono portare a detenzioni.

La repressione nei confronti del Kashmir non è una novità, ma sotto l’attuale governo ha acquistato un nuovo slancio. Modi, leader del Bharatiya Janata Party (BJP), ha confermato un approccio militarizzato contro le organizzazioni indipendentiste, accusate di ricevere supporto dal Pakistan, e ha promesso uno sviluppo economico della regione, cercando di estendere la crescita dell’India anche al Kashmir.

Il nuovo ponte inaugurato da Modi simboleggia questi obiettivi, con l’atto di sventolare la bandiera indiana che funge da strumento di propaganda, soprattutto dopo le recenti tensioni con il Pakistan.

Fino al 1947, il Kashmir faceva parte della colonia britannica indiana, governato da un re induista senza reale potere di decisione su una popolazione musulmana. La Partizione dei territori tra India e Pakistan avvenuta in quell’anno non ha chiarito il futuro del Kashmir, portando a conflitti che continuano a esserci oggigiorno. Il territorio è stato diviso, con una parte sotto il controllo indiano e l’altra sotto quello pakistano, e nel corso degli anni si sono deteriorate le relazioni non solo tra questi due paesi, ma anche con la Cina, che controlla una parte orientale della regione.

Nel Kashmir, l’Islam è diventato il credo predominante dal Quattordicesimo secolo, con la popolazione essenzialmente sunnita. La vita quotidiana riflette una cultura incentrata sulla religione, con le celebrazioni quotidiane delle preghiere che scandiscono il tempo. La dieta caratteristica esclude il maiale e la mucca, animali considerati sacri in India. L’alimentazione è invece composta da montone, agnello e pollo, e il consumo di alcol è limitato a negozi specifici introdotti per incentivare il turismo.

I kashmiri parlano una lingua che racchiude influenze di diversi popoli e culture, e l’economia locale si basa prevalentemente sull’agricoltura, con produzioni di riso e zafferano di alta qualità. La nuova linea ferroviaria dovrebbe facilitare l’accesso ai mercati, ma al momento i treni merci non sono ancora stati introdotti.

Muzamil Maqbool, attivista e podcaster, sottolinea di aver dovuto ridurre le sue attività online per evitare attenzioni indesiderate. Gli abitanti del Kashmir desiderano rimanere cittadini indiani, ma richiedono garanzie per la protezione delle loro terre e dei loro diritti, esprimendo la necessità di un ritorno allo statuto di autonomia della regione.

Dal 2019, il Kashmir è amministrato da un governatore designato da Delhi, e il suo status speciale è stato abolito, privando la popolazione di una significativa autonomia. La repressione ha portato a un aumento delle detenzioni di attivisti e alla limitazione della libertà di espressione, con un monitoraggio costante dei mezzi di comunicazione.

La militarizzazione della regione è evidente, con un costante dispiegamento di forze di sicurezza e posti di controllo. Le manifestazioni pubbliche e i raduni sono vietati, specialmente nei luoghi di culto, e le ricorrenze che potrebbero provocare tensioni sono monitorate con attenzione.

I voli aerei devono chiudere i finestrini durante le fasi di decollo e atterraggio per evitare che venga osservata la presenza militare sul territorio. La narrativa governativa tende a descrivere i kashmiri come potenziali minacce, alimentando una cultura dell’odio che rischia di minare le fondamenta della laicità dell’India.

Il professor Baba osserva che il nuovo progetto ferroviario potrebbe portare a una maggiore connettività, ma il suo impatto vero è strategico, permettendo movimenti rapidi di truppe. Nonostante la mancanza di una reale volontà di conflitto, il rischio di escalation rimane sempre presente.

– In evidenza:
Il Kashmir, tra politicizzazione, sicurezza e impatti sociali, continua a rappresentare un punto critico nella geopolitica asiatica, con sfide significative per il futuro della regione e della sua popolazione.

Da non perdere