Il Regno Unito approva un emendamento per decriminalizzare l’aborto

18.06.2025 11:16
Il Regno Unito approva un emendamento per decriminalizzare l'aborto

La Decriminalizzazione dell’Aborto nel Regno Unito: Un Passo Avanti

La Camera dei Comuni del Regno Unito ha recentemente approvato la decriminalizzazione dell’aborto, con un voto che ha visto 379 favorevoli e 137 contrari. Questo emendamento modifica le attuali leggi sull’aborto in Inghilterra e Galles, segnando una svolta significativa nel trattamento legale delle donne che scelgono di interrompere la gravidanza al di fuori del quadro normativo vigente, escludendo così il rischio di procedimenti penali nei loro confronti, riporta Attuale.

L’emendamento è inserito in un disegno di legge più ampio relativo a temi di criminalità e polizia. Tuttavia, per entrare in vigore, sarà necessario il consenso di entrambe le camere del parlamento e l’approvazione del monarca. Nonostante ciò, il testo ha ricevuto un ampio supporto, e si prevede un percorso senza ostacoli significativi per la sua approvazione.

Attualmente, il regime legale britannico sull’aborto è regolato dall’Abortion Act del 1967, che consente di interrompere volontariamente una gravidanza fino alla ventiquattresima settimana, previa consultazione di due medici. In casi in cui la salute della donna o del feto sia in grave pericolo, tale termine può essere esteso. Questa legislazione del 1967 rappresenta un’eccezione rispetto all’Offences Against the Person Act del 1861, un’antica legge introdotta in un contesto in cui le donne non avevano diritto di voto. Questo quadro normativo è ancora oggi valido e prevede pene severe, compreso l’ergastolo, per le donne che decidono di abortire.

Negli ultimi dieci anni, più di un centinaio di donne sono state arrestate e processate per aborto illegale; di queste, almeno sette dal dicembre 2022, secondo le stime.

Due casi recenti hanno intensificato le richieste per la decriminalizzazione. Nel 2020, Carla Foster, madre di tre figli, fu condannata a 28 mesi di carcere per aver interrotto una gravidanza alla 32esima settimana, avvalendosi di pillole abortive. La sua pena fu poi ridotta a 14 mesi e infine sospesa.

Lo scorso maggio, Nicola Packer, una donna di Londra, fu assolta dopo un processo di oltre quattro anni per aver assunto la pillola abortiva oltre il termine consentito. Durante il lockdown da Covid del 2020, Packer scoprì di essere incinta e, non volendo diventare madre, ottenne farmaci abortivi tramite una consulenza online, senza sapere di essere già a 26 settimane di gestazione. Dopo alcune complicazioni, fu denunciata in ospedale.

Dopo un’udienza di sei ore, la giuria la dichiarò non colpevole. Packer ha espresso il suo dolore per i “peggiori quattro anni e mezzo” della sua vita, rimanendo scossa per l’ingiustizia subita.

L’emendamento promulgato non altera le normative del 1967, che permettono l’aborto fino alla ventiquattresima settimana, ma depenalizza le eventuali violazioni. La deputata laburista Tonia Antoniazzi ha menzionato i casi di Packer e di un’altra donna, Laura, che ha scontato due anni di carcere mentre il suo compagno violento, che l’aveva costretta a ricorrere all’aborto, non ha mai subito conseguenze.

Questo cambiamento ha ottenuto il sostegno di sei facoltà di medicina, della British Medical Association e di numerose associazioni per i diritti riproduttivi, nonché dei movimenti femministi. Ranee Thakar, presidente del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, ha definito il voto favorevole una “vittoria” per le donne e per i loro diritti, soprattutto in un periodo in cui tali diritti sono minacciati in molte nazioni.

Il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha dichiarato di sostenere l’emendamento, ribadendo il suo impegno per un aborto libero, sicuro e legale.

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