Trump e l’Iran: Ultimatum e Rischi di Conflitto
DALLA NOSTRA INVIATA
CALGARY – L’ultimatum del presidente Trump è chiaro e deciso. Ha avvertito i leader iraniani: se non abbandonano senza condizioni il loro programma di arricchimento dell’uranio, «qualcosa succederà». Questa non è una contrattazione, ma piuttosto una richiesta di sottomissione totale, riporta Attuale.
Solo pochi giorni fa, in seguito all’attacco israeliano contro l’Iran, Trump aveva mantenuto una posizione ambivalente. Ha fornito un supporto indiretto tramite l’intelligence americana ai raid israeliani, definiti «unilaterali», e ha concesso un appoggio difensivo al suo alleato, pur affermando che la guerra potrebbe essere utilizzata come leva negoziale per forzare Teheran a raggiungere un accordo.
Attualmente, però, il presidente si trova di fronte a un bivio: se la sua strategia di intimidazione dovesse fallire, Trump deve chiarire se questo conflitto sia di competenza israeliana o americana. È per questo motivo che l’intero mondo attende con ansia gli esiti dell’incontro tenutosi nella Situation Room, per comprendere se è disposto ad appoggiare Israele nell’attacco al sito nucleare iraniano di Fordow.
Questo incontro è stato preceduto da un cambiamento significativo nel tono di Trump. Poco prima del vertice del G7, ha pubblicato un inquietante messaggio social che esortava a «evacuare Teheran» e, utilizzando la prima persona plurale «noi», ha menzionato il cambio di regime con affermazioni categoriche come «abbiamo il controllo completo dei cieli sopra Teheran» e «sappiamo esattamente dove si trova la cosiddetta Guida suprema». Ha descritto quest’ultima come un «bersaglio facile», con l’intenzione di colpirlo, ma ha anche accennato alla sua volontà di posticipare l’azione per il momento.
Inoltre, il vicepresidente JD Vance ha tentato di giustificare la possibilità di un intervento militare americano, rassicurando il fronte Maga (Make America Great Again) riguardo alla domesticità della politica estera di Trump, pur affermando che ora potrebbe decidere se siano necessarie ulteriori misure contro l’arricchimento dell’uranio.
Il coro dei sostenitori di Trump, rappresentati da figure come il commentatore Tucker Carlson, stanno cercando di arginare ciò che percepiscono come un’imminente discesa in guerre interminabili, contrariamente a quanto il presidenti ha sempre denunciato. Parallelamente, Trump ha rimproverato Carlson sui social media e ha retweettato un messaggio del suo ambasciatore in Israele, Mike Huckabee, che esalta il presidente come colui che assicurerà un posto nella storia per le sue azioni contro l’Iran.
Nonostante le loro divergenze, Trump e Netanyahu condividono una visione comune: l’Iran non deve mai avere armi nucleari, considerate una minaccia esistenziale per Israele. Prima di lanciare attacchi contro l’Iran, Israele ha informato gli Stati Uniti riguardo alla nuova attività di Teheran nel campo del nucleare, sebbene alcune fonti americane rimangano scettiche sull’intenzione di costruire effettivamente un’arma nucleare.
Si è saputo che Netanyahu stava preparando un attacco già da tempo. L’8 giugno, alla Casa Bianca, il capo della CIA, John Ratcliffe, ha informato Trump che Israele era pronto a colpire, con o senza l’appoggio americano. In una successiva conversazione telefonica, Netanyahu ha rivelato di avere forze operative anche all’interno dell’Iran, impressionando il presidente, il quale ha affermato di dover considerare un intervento militare per supportare Israele, a fronte di colloqui con l’Iran che non stavano progredendo come desiderato.