Ipotesi Letta al Consiglio europeo. La premier non metterebbe il veto

28.05.2024
Ipotesi Letta al Consiglio europeo. La premier non metterebbe il veto
Ipotesi Letta al Consiglio europeo. La premier non metterebbe il veto

Fonti del partito confermano: preferisce lui a Draghi. E spunta il nome di Franco per un ruolo da commissario

È italiano, è un ex presidente del Consiglio, è candidato ai vertici delle istituzioni europee, e tutto sommato a Giorgia Meloni potrebbe andar bene. Ma non è Mario Draghi.

Di Enrico Letta non si sentirà parlare esplicitamente fin dopo il voto europeo dell’8-9 giugno, ma è il nome che più circola negli ambienti vicini alla premier e dentro Fratelli d’Italia come possibile futuro successore di Charles Michel alla guida del Consiglio europeo. Sembrerà paradossale – per una leader che non passa giorno che non si scagli contro la sinistra e i socialisti – pensare di poter digerire colui che guidò alla sconfitta il Pd proprio contro di lei, nella breve e feroce campagna elettorale del 2022. Ma nel bagno di realismo a cui è costretta, Meloni sa che potrebbe non avere molte alternative. Motivo per cui crede sia meglio trarre quanti più vantaggi possibili da una condizione in partenza non favorevole. Tanto più che con Letta ha sempre avuto un ottimo rapporto, e in tanti si ricordano i duelli/duetti di due anni fa, con tanto di battuta di Meloni: «Sembriamo Sandra e Raimondo».

Il ragionamento che segue è stato raccolto da due fonti di FdI interessate dalle trattative europee. Le premesse da cui partire sono due. La prima: se i sondaggi saranno confermati, l’alleanza tra Partito popolare europeo, Partito socialista e i liberali di Renew Europe resterà in piedi e sarà la base sulla quale saranno negoziati i presidenti di Commissione, Consiglio e Parlamento europeo. I Conservatori di Ecr, presieduti da Meloni, resterebbero tagliati fuori. Oppure, alcuni di loro – come FdI – potrebbero non sfilarsi dalle trattative, nella speranza di orientarle almeno in piccola parte. Seconda premessa: se i socialisti saranno il secondo gruppo, chiederanno il Consiglio. Questa volta non si accontenterebbero dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri, come nelle ultime due tornate. E i due candidati più accreditati per il Consiglio, dove da tradizione si prediligono ex capi di governo, sono il portoghese Antonio Costa e Letta.

Come riferito a La Stampa due settimane fa da fonti del Pse, il profilo del secondo, al netto dell’incognita Meloni, è considerato perfetto per il ruolo: è un ex premier, ex segretario del Pd, per anni il contribuente maggiore del Pse in termini di seggi a Strasburgo. Non solo. Letta si presenta anche con un biglietto da visita prestigioso: il report sul mercato unico, affidatogli dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen e svelato all’ultimo Consiglio europeo, ad aprile. Le fonti di FdI suggeriscono di guardare ai commenti di Meloni in quelle ore. La premier lo ha definito «un lavoro molto interessante», e ne ha rivendicato molte considerazioni. A partire dalla necessità di una strategia industriale comune nell’Ue per far fronte all’aggressivo sostegno alle aziende degli Stati Uniti, nella guerra commerciale alla Cina.

In quegli stessi giorni erano emerse le prime anticipazioni di un altro report, sulla competitività, affidato sempre da Von der Leyen a un altro ex premier. Verso Draghi però le reazioni da parte di Meloni e dei suoi sono state di ben altro tenore. E il suo discorso sui «cambiamenti radicali» in Europa è stato percepito come un’autocandidatura e accolto con freddezza. L’ex numero uno della Bce è il nome che da mesi si fa per tutti e due i massimi vertici di Bruxelles, Consiglio e Commissione, sponsorizzato dal presidente francese Emmanuel Macron. Il gelo di Meloni è motivato anche da questo pressing dell’Eliseo. La premier non vorrebbe passare per una a cui viene imposta la scelta di un italiano che tra le altre cose – parole sue – «non è proprio facile da gestire». Anche nel caso gli venisse proposto di fare il Supercommissario all’Economia, come emerso dai macroniani.

Da quanto trapela, Meloni preferirebbe di gran lunga Letta al Consiglio europeo. Anche perché le permetterebbe di mantenere per l’Italia una casella di prima fascia nella Commissione. Le mire sono rivolte alla Concorrenza o di nuovo – ma più complicato – all’Economia. Entrambe poltrone di peso per le quali Meloni starebbe anche pensando di valutare la candidatura dell’ex ministro Daniele Franco, l’uomo che Draghi ha voluto al Tesoro e a cui è sfuggita la nomina in Bei. Il ministro Raffaele Fitto, fino a oggi il più quotato come commissario, resterebbe in Italia. Troppo preziose, secondo la premier, le sue doti di mediatore sul Pnrr. L’indicazione del presidente del Consiglio europeo spetta ai capi di governo, senza passare dalla ratifica dell’Europarlamento, come avviene per la Commissione. E a quanto pare, Meloni non porrebbe il veto su Letta. Farebbe lo stesso con Draghi, ma solo se costretta dalle mosse dei colleghi. Al di là dei buoni rapporti personali, la premier considera il primo un politico con cui è più facile confrontarsi: «Se alzasse il telefono – spiega la fonte di FdI – Letta risponderebbe sempre. Chi le assicura che Draghi farebbe lo stesso?».

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