Il futuro del regime iraniano dopo l’attacco israele
Per analizzare l’umore dell’ayatollah Ali Khamenei, è fondamentale osservare la sua reazione all’ultimo attacco israeliano che ha portato via molti dei suoi più stretti collaboratori. I jet di Benjamin Netanyahu hanno colpito con precisione i comandi iraniani situati nel ricco quartiere nord di Teheran, oltre a distruggere infrastrutture cruciali per il regime, rendendo vulnerabili le forze militari dell’Iran. Questo attacco mirava a minare la leadership militare della Repubblica islamica, mentre l’assenza di un piano di risposta efficace alimenta il panico tra le file del regime. Khamenei, costretto a muoversi rapidamente, ha nominato provvisoriamente Ahmad Vahidi per il comando dei Pasdaran, seguita da una nuova nomina a favore del generale Mohammad Pakpour, dimostrando la confusione interna. La situazione è critica, riporta Attuale.
Le informazioni che arrivano dalle fonti vicine al governo indicano che l’ayatollah, sebbene ancora in vita, si senta sempre più isolato. L’attacco ha decimato gran parte della sua cerchia ristretta, riportando alla mente strategie similari usate da Israele per colpire Hezbollah. I leader iraniani, ora privati del loro comando, si trovano in una posizione estremamente vulnerabile. Nonostante le minacce di rappresaglia da parte delle forze armate, il regime mostrava segni di panico, incapace di attuare un piano di azione coerente.
Durante questo periodo di intenso silenzio, gli attacchi israeliani sono continuati, e Khamenei ha cercato di tranquillizzare la popolazione affermando che le forze armate risponderanno con fermezza. Tuttavia, i risultati iniziali delle sue promesse di vendetta si sono rivelati insufficienti, con la difesa aerea che ha intercettato centinaia di droni, ma senza vittime significative. Gli analisti avvertono dunque che il regime sta affrontando una crisi di comando profonda.
Con la morte di importanti leader militari, l’ayatollah è stato costretto a nominare nuove figure, tra cui Abdolrahim Mousavi ed Habibollah Sayyari, cercando di riempire i ruoli chiave. Questa manovra è vista come una risposta disperata per mantenere un’apparenza di ordine all’interno del regime, simile a quanto fatto da Hezbollah in passato.
Secondo l’analista Saeid Golkar, ci sono tre strade che gli ayatollah potrebbero intraprendere: intensificare gli attacchi contro Israele, ritirarsi dalla situazione attuale, oppure riattivare cellule terroristiche dormienti in Europa e negli Stati Uniti. La scelta per Khamenei si complica ulteriormente dall’età avanzata e dalla pressione che sente di dover trasferire il potere, forse al figlio Mojtaba, per garantire la continuità della Repubblica islamica.
In questi momenti critici, i consiglieri rimasti cercano di far fronte a una situazione caotica, consapevoli delle conseguenze della loro scelta di non accettare un accordo nucleare con gli Stati Uniti. Con i cieli iraniani seguiti dai missili israeliani, la tensione rimane palpabile, e la risposta del regime potrebbe definire il futuro della Repubblica islamica.