L’ondata eccezionale di siccità che sta colpendo soprattutto il Sud dello Stivale potrebbe ripercuotersi anche sui prezzi dei nostri alimentari e, alla lunga, incidere anche sul nostro Pil
Èormai un’emergenza nazionale. La siccità che si sta abbattendo sullo Stivale ha già fatto perdere circa 4 miliardi di produzione agricola al nostro meridione e messo in netta crisi la produzione di frutta. La raccolta di olive fa intanto registrare una flessione di un terzo, mentre ci sono picchi negativi anche per altri prodotti agricoli come pere e ciliegie. E anche se esistono “tecniche di mitigazione”, i maggiori costi per l’irrigazione che potrebbero far lievitare, e non di poco, il prezzo dei prodotti finali.
Dalla Sicilia alla Puglia: la conta dei danni
I bilanci sono già drammatici. In Sicilia, la regione più drammaticamente colpita dalla siccità, si registrano oltre 33mila posti di lavoro persi in agricoltura e 2,5 miliardi di danni nel reparto agricolo. Inoltre la siccità ha bruciato un campo di grano su cinque. La conseguenza è che è atteso un crollo significativo della produzione e un aumento significativo dei prezzi degli alimenti basati su questo cereale.
E un grido di allarme viene anche dalla Puglia dove per la siccità e le temperature al di sopra della norma sono state già mandate al macero molte clementine nel corso dell’inverno, compromesse dalla mancanza di acqua che ne ha inibito l’accrescimento. Oggi il rischio è “la produzione di grano per fare pane e pasta che risulta dimezzata per effetto della prolungata siccità che ha stretto tutta la regione in una morsa per mesi causando il taglio delle rese” come osserva Coldiretti in una nota.
E a destare preoccupazione è soprattutto l’olio: se le olive nei terreni arsi stanno avvizzendo, come denunciano gli agricoltori, anche l’irrigazione di soccorso è insufficiente a garantire la giusta idratazione delle piante. Questo fattore, unita alla forte ondata di caldo che si registra in tutto il Sud Europa potrebbe comportare un aumento ancora più significativo del prezzo dell’olio d’oliva che ha subito, negli ultimi anni, già forti rincari.
Ma la situazione è drammatica anche in Calabria, il cui governatore ha recentemente chiesto lo stato di calamità e le sorgenti idriche sono in calo del 50%, mentre gli invasi sono pochi e obsoleti. E in Basilicata dove Legacoop stima “perdite del 90 percento per quanto riguarda la produzione di grano e del 40 percento per quanto riguarda la produzione vitivinicola.
Aumenta il prezzo dei mangimi: burro e latte alle stelle
La mancanza di acqua si ripercuote anche sulla carne con un calo drastico del foraggio nei pascoli e ulteriori costi per l’acquisto di mangimi. Dinamiche che si ripercuotono anche sui prezzi all’ingrosso diffusi da Unioncamere. Il prezzo della carne suina è aumentato di oltre l’8 percento rispetto all’anno scorso, quello della carne bovina del +1,2 percento, quella di coniglio del 7,4 percento.
Ma sono soprattutto i prodotti a base di latte a fare registrare i maggiori incrementi. Il prezzo del burro all’ingrosso è superiore del 60 percento rispetto all’anno scorso, mentre tutti i prodotti caseari costano significativamente di più.
L’olio d’oliva è aumentato ancora del 34,7 percento, mentre il prezzo dei medio del vino dell’8 percento rispetto a giugno 2023. Anche se, per capire gli effetti reali della siccità di questi giorni, bisognerà ancora aspettare: gli ultimi dati disponibili sono relativi a giugno.
Nel frattempo la mancanza d’acqua colpisce anche l’apicoltura, con gli allevatori che si sono trovati a rinunciare a un vasetto di miele su due. In questo caso però il prezzo medio non presenta grandi variazioni per l’aumento delle importazioni soprattutto dalla Cina. A risentirne è ovviamente però la qualità.
E l’allarme è ormai generalizzato. Dal 2020 a metà maggio 2024 nella Penisola si sono registrati 81 danni da siccità prolungata. Lombardia (15), Piemonte (14) e Sicilia (9) le regioni più colpite in questi anni, seguite da Sardegna (6), Emilia-Romagna (6) e Trentino-Alto-Adige (6). È il bollettino di guerra lanciato da uno studio di Legambiente che ha anche previsto un calo del Pil europeo del 7% a livello europeo. A meno che non vengano studiate contromosse che partano da subito per dispiegare i primi effetti fra qualche anno, creando così una ormai doverosa inversione di tendenza.