Proprio mentre il conflitto tra Israele e Hezbollah sembra lasciare spazio a una fragilissima tregua, il Medio Oriente riesplode nel teatro siriano dove si confrontano da anni turchi, russi, americani, israeliani e una miriade di loro alleati locali. Una coalizione jihadista cooptata dalla Turchia ha preso d’assalto le forze governative sostenute da Iran e Russia
La Siria è di nuovo teatro di violenza e distruzione. Gli scontri scoppiati tra i ribelli di Hayat Tahrir al Sham (HTS) e le forze del regime di Bashar Al Assad hanno innescato una nuova crisi che sta sconvolgendo il Paese. Il bilancio provvisorio è drammatico: oltre 130 morti, decine di militari siriani e milizie sciite filo-iraniane catturati, e almeno 10.000 profughi in fuga verso la provincia di Idlib, nel nord-ovest del Paese.
HTS, gruppo nato come costola di Al Qaeda, ha guadagnato terreno conquistando chilometri di territorio arrivando alle porte di Aleppo, il più importante centro urbano della Siria. Una battaglia che riporta il Paese indietro nel tempo, a quando nel 2018 l’intervento russo permise al regime di Assad di non perdere Damasco e di riprendere – parzialmente – il controllo del paese.
L’offensiva dei ribelli è una risposta agli attacchi di Damasco sull’area di Idlib, provincia strategica al confine con la Turchia. Sebbene formalmente amministrata da HTS, Idlib è da anni al centro delle mire del regime siriano, nonostante la presenza di checkpoint turchi e accordi per la de-escalation siglati nel 2019. Tali intese, che prevedevano di non colpire aree densamente popolate, sono state ripetutamente violate.
I civili al centro del conflitto
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nelle ultime settimane almeno 30 civili sono morti e 100 sono rimasti feriti nei bombardamenti del regime su Idlib. Gli attacchi hanno alimentato la rabbia e la determinazione dei ribelli, che hanno approfittato della disorganizzazione delle forze di Damasco, molte delle quali hanno abbandonato le posizioni o si sono arrese.
Oggi 29 novembre gli insorti sarebbero entrati nei sobborghi di Aleppo respingendo le forze armate fedeli ad Assad fin dentro il centro urbano come mostrano i video che immortalano i lanciarazzi in azione nelle zone densamente abitate della principale città siriana.
All’arrivo delle forze ribelli al limite occidentale della città gli studenti sono stati fatti evacuare dall’Università mentre le forze di sicurezza starebbero mettendo in sicurezza i detenuti nelle prigioni cittadine.
Purtroppo colpi di artiglieria hanno colpito l’università e si registrano morti e feriti tra gli studenti.
La Turchia in allerta
La nuova ondata di violenza preoccupa Ankara, distante appena 60 chilometri dai territori contesi. La presenza militare turca nell’area serve a evitare flussi di profughi e bombardamenti, ma il conflitto in corso rischia di mettere a dura prova gli accordi e di destabilizzare ulteriormente la regione. Fonti della Difesa turca hanno dichiarato che i gruppi sostenuti dalla Turchia non hanno partecipato all’offensiva, mentre i militari turchi avrebbero tentato di dissuadere HTS dall’azione.
La situazione complica anche i rapporti tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e Bashar Al Assad, che non si parlano dal 2011. Mosca insiste per una mediazione tra i due, ma gli sviluppi di queste ore gettano ombre sul futuro della regione e sull’efficacia delle diplomazie internazionali.
Un Paese in frantumi
Con Aleppo nuovamente sotto minaccia, il bilancio umano e geopolitico della crisi siriana si aggrava ulteriormente. Mentre migliaia di famiglie cercano disperatamente rifugio, il conflitto sembra destinato a trascinare la Siria in un abisso di instabilità e sofferenza da cui non riesce a riemergere.