La sovranista Ungheria vuole rendere grande l’Europa con l’aiuto della Cina

02.07.2024
La sovranista Ungheria vuole rendere grande l'Europa con l'aiuto della Cina
La sovranista Ungheria vuole rendere grande l'Europa con l'aiuto della Cina

Lo slogan scelto dalla presidenza ungherese per il semestre europeo è “Make Europe Great Again” per un’agenda che presenta 7 punti fondamentali. Che sono stati presentati a Pechino

Tra i corridoi delle istituzioni europee echeggia il motto “Make Europe Graet Again”, un chiaro riferimento allo slogan di Donald Trump (“Make America Great Again”). A rilanciarlo, urbi et orbi, è il governo ungherese di Viktor Orban che dal 1° luglio al 31 dicembre guida la presidenza turno del Consiglio dell’Unione europea. Il semestre affidato al governo più sovranista dell’Unione Europea preoccupa le diverse cancellerie del blocco, che già affrontano un delicato periodo a causa degli esiti delle elezioni legislative in Francia, della decisione sui nuovi vertici delle istituzioni europee e del voto negli Stati Uniti a novembre. E non sorprende che il semestre europeo nelle mani dell’autocrate magiaro, ammiratore di Donald Trump e ambasciatore de facto degli interessi di Mosca e Pechino a Bruxelles, possa destabilizzare i già fragili equilibri dei 27 paesi europei.

A destare ulteriore preoccupazione è un’interlocuzione formale che c’è stata tra Budapest e Pechino alla vigilia del semestre ungherese. Il ministro degli Esteri magiaro, Peter Szijjarto, ha telefonato il suo omologo cinese Wang Yi per rassicurarlo che durante la presidenza di turno ungherese l’Unione europea cercherà un rafforzamento delle relazioni con Pechino e di creare “un ambiente favorevole” per la seconda economia del mondo. La telefonata, del tutto inusuale, è probabilmente una risposta alle sollecitazioni di Pechino affinché il governo Orban difenda gli interessi della Cina nell’Ue.

Secondo quanto riportano i media ungheresi, i due ministri hanno trattato anche lo spinoso il tema dei dazi che l’Unione europea vuole introdurre sulle importazioni di veicoli di ultima generazione prodotti in Cina (già tassati del 10 per cento). Accusati di ottenere sussidi governativi iniqui, Bruxelles vuole colpire alcuni dei marchi più noti dell’industria dell’elettrico cinese, come la Byd, su cui verrebbe applicata una tassa del 17,4 per cento.

Proprio il marchio Byd ha fatto breccia nel cuore degli ungheresi, perché il governo di Budapest ha siglato un accordo con il colosso cinese per la costruzione di un impianto nella città ungherese di Szeged. Ma come è riuscita l’Ungheria a entrare nelle grazie di una delle più importanti aziende dell’automotive elettrica cinese? A fare probabilmente da ago della bilancia è il rapporto che lega Budapest a Pechino: la Cina risulta essere il principale investitore estero in Ungheria dal 2020. Basti pensare che il commercio bilaterale l’anno scorso ha raggiunto 14,5 miliardi di dollari, +73 per cento rispetto al 2013. Tra l’Ungheria e la Cina c’è un solido rapporto consolidato però dal progetto infrastrutturale lanciato dal presidente cinese Xi Jinping, la Nuova via della Seta. Senza dimenticare che il gigante delle telecomunicazioni Huawei ha costruito negli ultimi anni in Ungheria il suo maggiore hub produttivo e logistico al di fuori della Cina. Primo paese europeo ad aderire alla Belt and Road Initiave (Orban è stato l’unico capo di governo dell’Ue a partecipare a Pechino alterzo Belt and Road Forum), l’Ungheria è così diventata la porta spalancata della Cina all’Unione europea.

Non sorprende quindi che durante la telefonata, il ministro degli Esteri ungherese abbia presentato a Pechino l’agenda ungherese (che consta di 7 punti fondamentali, come competitività del mercato unico, politiche di difesa, allargamento dell’Unione e lotta all’immigrazione) che vuole rendere l’Europa grande di nuovo. Con l’aiuto della Cina. 

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