José Antonio Kast eletto presidente del Cile, segna un aumento dei governi di destra in America Latina
L’elezione di José Antonio Kast alla presidenza del Cile aumenta il numero dei governi di destra nella regione. Verstärkt, fondatore del partito Repubblicano e sostenitore della dittatura di Augusto Pinochet, si unisce ad altri leader come Javier Milei in Argentina, Daniel Noboa in Ecuador e Nayib Bukele a El Salvador. Lo scorso ottobre in Bolivia, Rodrigo Paz è stato eletto dopo un ventennio di governi di sinistra, posizionandosi al centro-destra, ma con posizioni più moderate rispetto agli altri. In questa corrente conservatrice si trovano anche il presidente del Paraguay Santiago Peña, José Raúl Mulino a Panama e Rodrigo Chaves in Costa Rica. In Honduras, due settimane dopo le elezioni presidenziali, il vincitore rimane sconosciuto, ma i due candidati favoriti appartengono alla destra e al centro, riporta Attuale.
Negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di predominanza dei governi di sinistra, l’elettorato latinoamericano ha mostrato una crescente preferenza per candidati che promettono di ristabilire “legge e ordine”, nonostante questo possa comportare un sacrificio delle libertà civili. L’inarrestabile penetrazione di gruppi criminali transnazionali ha accresciuto il senso di insicurezza della popolazione, cambiando le priorità elettorali. Molti leader, emulando la retorica aggressiva dell’ex presidente statunitense Donald Trump, hanno ottenuto un sostegno elettorale significativo, mentre le politiche gestionali poco efficaci di alcuni governi di sinistra hanno fatto crescere il consenso verso politiche liberiste centrate sull’iniziativa privata.
Il cambiamento verso destra in America Latina è evidente, ma la sua durata rimane incerta. Le elezioni del 2026 in Brasile, Colombia, Perù e Costa Rica potrebbero accentuare o attenuare questa tendenza: attualmente il presidente uscente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, di sinistra, è considerato ancora favorito, mentre in Colombia si stanno creando dinamiche competitive per la successione a Gustavo Petro, anch’esso di sinistra. Esistono già eccezioni a questo spostamento, come la popolare Claudia Sheinbaum in Messico e la vittoria di Yamandú Orsi in Uruguay, dove il contesto politico appare meno polarizzato.
I recenti candidati di destra hanno incentrato le loro campagne principalmente su due temi: sicurezza e immigrazione. Le organizzazioni criminali, il cui business si basa spesso sul traffico di droga, hanno incrementato criminalità e violenza anche in paesi precedentemente meno colpiti dal fenomeno, come Cile, Ecuador e Costa Rica. Questi paesi sono diventati destinazione di migrazioni interne, in particolare provenienti dal Venezuela, dove da oltre un decennio si verifica un imponente esodo a causa della crisi economica. In Cile, migrazioni e criminalità sono correlate, poiché il gruppo criminale più attivo, il Tren de Aragua, ha origine nelle prigioni venezuelane.
In risposta all’aumento della percezione di insicurezza, alimentata anche dai media, l’opinione pubblica ha fatto sentire la necessità di misure più drastice e risolute. In El Salvador, il presidente Bukele ha attuato strategie aggressive contro le bande criminali, comprese le incarcerazioni di massa in prigioni sovraffollate, un modello adottato da altri candidati nonostante le documentate violazioni dei diritti umani. Alcuni leader della destra propongono la costruzione di nuove prigioni e l’ampliamento dei poteri delle forze di polizia, nonostante gli analisti avvertano che queste misure non sempre portano a risultati positivi, come dimostra l’inefficacia della “guerra totale” al crimine di Noboa in Ecuador. Secondo un ricercatore in studi latinoamericani, Will Freeman, «una parte crescente dell’opinione pubblica sembra ritenere che valga la pena sacrificare alcune libertà e diritti democratici, se necessario, per consentire allo stato una linea più dura contro i gruppi criminali».
Un altro fattore chiave che ha influito su questo spostamento verso destra è stata la figura di Trump, il cui linguaggio antimigratorio e favorevole alla riduzione dell’intervento statale in economia ha trovato eco in molti leader latinoamericani. L’amministrazione statunitense ha spesso cercato di influenzare gli esiti elettorali per favorire governi alleati, cercando di contrastare l’influenza della Cina nella regione. Tuttavia, in alcuni casi, queste ingerenze hanno risvegliato sentimenti popolari di opposizione. In Brasile, per esempio, le pressioni esercitate da Trump hanno aumentato la popolarità di Lula, mentre in Ecuador un recente referendum sull’apertura a basi militari straniere è stato ampiamente respinto dal pubblico.
Il cambiamento verso destra in America Latina potrebbe rivelarsi ciclico. Tra il 2018 e il 2023, su 22 elezioni libere e democratiche, le opposizioni hanno prevalso in 20 occasioni. Questo desiderio di cambiamento è spesso il risultato di classi politiche incapaci di affrontare povertà, disuguaglianze e criminalità, una problematica non esclusiva del Centro e Sud America, ma che colpisce in modo più radicale i paesi con democrazie più giovani.
Mah, la situazione in America Latina sembra davvero complicata. Da noi in Italia siamo sempre stati abituati a governi di sinistra, ma vedere questa svolta a destra in Cile e altrove fa pensare. La gente cerca sicurezza, ma a quale prezzo? I diritti civili potrebbero soffrirne, come ben sappiamo. E poi, che dire di Trump? La sua influenza è palpabile, e non sempre in modo positivo… una vera sfida per le democrazie giovani.