Investimenti nella Difesa e Sviluppo Tecnologico: Opportunità e Riflessioni
Il professor Alberto Pagani, ex deputato del Partito Democratico ed esperto in sicurezza, ha redatto un rapporto per la Fondazione Einaudi, analizzando i piani di finanziamento. Si chiede se questi rappresentino un’opportunità per la militarizzazione o per il sviluppo tecnologico, riporta Attuale.
Pagani avverte che è fondamentale non fraintendere il contesto di queste scelte, sottolineando che non si tratta di una semplice riconversione militare per rispondere alla crisi industriale. Secondo lui, il settore della difesa è molto più complesso rispetto all’industria civile. Un sistema d’arma avanza nel tempo e ha bisogno di un continuo supporto nella manutenzione e negli aggiornamenti tecnologici, il che implica una responsabilità chiara verso la sicurezza nazionale.
Il professore si mostra favorevole all’iniziativa di finanziamento europeo, auspicando che l’Italia possa adottare una visione europeista, concentrandosi su nuove aree tecnologiche come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati, cruciali per un’evoluzione economica. Siamo in un momento di potenziale rivoluzione industriale e il mancato adeguamento a questo cambiamento rischia di marginalizzare l’economia nazionale. Le risorse europee devono essere sfruttate al meglio, anche se riconosce che i vari paesi europei hanno opinioni diverse in merito.
Pagani chiarisce che quelle differenze sono evidenti, in particolare tra i paesi baltici, la Polonia e la Finlandia, che hanno una visione immediata della minaccia militare russa. Questi paesi, secondo lui, privilegeranno la necessità di accrescere le loro capacità militari, investendo le proprie risorse in questo campo.
Analizzando il piano tedesco per il rilancio dell’industria, Pagani osserva che la Germania ha una forte aspirazione di leadership industriale, ma avverte che non è sufficiente basare tutto sulla necessità di riarmo. Egli evidenzia la necessità di una mediazione tra le visioni sui riarmamenti e l’incremento delle capacità industriali, attuando una strategia che favorisca l’autonomia strategica europea. Questo non implica il ritiro dalla NATO, che rimane fondamentale per la difesa collettiva, bensì la costruzione di una capacità propria per la difesa.
La questione della tecnologia è centrale, e Pagani specifica l’importanza di sviluppare sistemi comuni, piuttosto che dipendere dall’acquisto di armi altamente sofisticate senza comprendere le tecnologie associate. Questo vale anche per la rete satellitare, dove l’Europa si trova attualmente in una posizione di svantaggio rispetto a fornitori come Starlink di Elon Musk.
La debolezza europea, come evidenziato dal professore, è la mancanza di investimenti in specifici ambiti come la difesa missilistica, necessaria per proteggersi da attacchi aerei. La cooperazione tra tecnologie di difesa e scientifiche è fondamentale, e senza un investimento autonomo si rischia di rimanere dipendenti da capacità esterne.
Infine, si pone la questione della reale dimensione del settore militare e hi-tech in Italia. Pagani parla di una rete ampia, con grandi aziende come Leonardo e Fincantieri, ma con anche numerose piccole e medie imprese che sviluppano tecnologie innovative. Sottolinea la necessità di incentivare i giovani talenti, affinché non siano costretti a cercare opportunità all’estero. Creare progetti di ricerca applicata finanziati è essenziale per mantenere queste risorse preziose in Italia.