Nei sondaggi in vantaggio i partiti europeisti. Il risveglio dei vulcani ha costretto migliaia di persone a spostarsi e ha aumentato il costo della vita
Urne aperte in Islanda. Nella piccola isola collocata a Nord dell’oceano Atlantico, gli elettori voteranno sabato 30 novembre. L’esito non riguarda solo le questioni di poltica interna, visto che in ballo c’è anche la possibilità che il Paese si metta in moto per avviare il processo di adesione all’Unione europea. La questione divide da anni gli islandesi, ma stavolta in vantaggio sembrano esserci i pro-europeisti. A spingere verso Bruxelles incidono i costi della vita troppo alti, le continue eruzioni e l’ombra della Russia di Vladimir Putin.
Costi della vita troppo alti in Islanda
Dopo oltre un decennio, la prospettiva di adesione all’Ue è tornata al centro di una campagna elettorale in Islanda. I sondaggi indicano un favore maggiore degli elettori nei confronti dei partiti pro-Ue. Al momento circa il 45 per cento degli islandesi sarebbe a favore, il 35 per cento contro e il resto della popolazione è indecisa. Negli anni scorsi l’idea di entrare nel blocco dei 27 riscontrava un consenso molto più basso.
A influire su questo cambio di rotta ci sono vari fattori. Innanzitutto un’economia poco florida. Con l’ingresso nel mercato unico dell’Ue, gli islandesi sperano di poter rafforzare l’economia e abbattere le barriere commerciali esistenti. Affitti e costi per il cibo sono elevatissimi. L’unione alla zona euro ridurrebbe anche la volatilità dei tassi di cambio.
Eruzioni vulcaniche continue
“L’inflazione e i tassi di interesse sono stati relativamente alti in Islanda e questo riporta sempre la questione dell’euro”, ha detto alla Reuters Eirikur Bergmann, professore di scienze politiche presso l’Università Bifrost in Islanda. A mettere in ginocchio il Paese c’è stata anche una serie di eruzioni vulcaniche, che hanno provocato lo spostamento di migliaia di persone.
Dormienti per 800 anni, i sistemi geologici della regione di Grindavik si sono riattivati nel 2021 e da allora le eruzioni sono aumentate di frequenza, con sei episodi registrati solo nel 2024
Dopo essere rimasti dormienti per 800 anni, i sistemi geologici della regione di Grindavik si sono riattivati nel 2021. Da quel momento le eruzioni sono aumentate di frequenza, con sei episodi registrati solo nel 2024. Migliaia di persone si sono dovute spostare e questo ha determinato la costosa costruzione di nuove infrastrutture e un declino del turismo. Secondo Reykjavik è iniziata una “nuova era di eruzioni vulcaniche”, che costituisce una “minaccia esistenziale alla nazione”.
Il peso della guerra in Ucraina nelle scelte degli islandesi
Anche se non è uno Stato membro dell’Ue, l’Islanda gode comunque di relazioni privilegiate col blocco dei 27. Fa parte del mercato unico dell’Ue, della zona di viaggio a frontiere aperte di Schengen e dell’Associazione europea di libero scambio (Aels). Oltre all’economia, ha influito sul nuovo posizionamento degli islandesi anche la guerra in Ucraina. “La gente guarda il mondo e pensa: che ne dici di noi? Dovremmo essere più legati ai nostri alleati?”, ha dichiarato Jon Steindor Valdimarsson, ex deputato e co-fondatore del Partito per la riforma liberale pro-Ue.
L’ipotesi di un referendum sull’adesione all’Ue dell’Islanda
Ad ottobre il parlamento è stato sciolto anticipatamente dal primo ministro islandese Bjarni Benediktsson. Alla base delle elezioni anticipate ha citato disaccordi tra i tre partiti della coalizione di governo. Sia il Partito riformatore che l’Alleanza socialdemocratica, al momento entrambi in testa ai sondaggi, hanno già annunciato che in caso di vittoria elettorale intendono tenere un referendum relativo all’adesione all’Ue.