Donald Trump ottiene un successo nella battaglia dei dazi
Il risultato della recente guerra commerciale ha premiato Donald Trump, mentre l’Unione Europea si rifà il morale con qualche risultato quantomeno migliore. In primo luogo, nessun Paese europeo ha ceduto alle pressioni della Casa Bianca, mantenendo una linea unita nonostante la varietà di interessi tra i 27 stati membri.
Inoltre, l’Unione Europea ha deciso di sospendere i controdazi, che avrebbero potuto risultare utili durante i negoziati, ma che, se attuati, avrebbero potuto aggravare ulteriormente la situazione economica. Esiste comunque una base su cui ripartire, sebbene a caro prezzo: le tariffe sui prodotti esportati verso gli Stati Uniti possono arrivare fino al 15%, un aumento significativo rispetto al 10% già previsto e al 5% che rappresenta, più o meno, il dazio medio americano, che prima del mandato di Trump si attestava al 4,8%. Un 15% è quindi tre volte superiore, senza contare le fluttuazioni del dollaro, e lontano dalla media europea.
Analizzando la situazione dal lato americano, si osserva che: innanzitutto, l’Europa ha, seppur implicitamente, accolto le rivendicazioni di giustizia commerciale proposte da Trump, anche quelle ritenute infondate. In secondo luogo, gli Stati Uniti si assicurano un impegno da parte europea per investimenti miliardari nel settore dell’energia e della difesa, oltre ai guadagni provenienti dai dazi. Infine, l’accordo non tocca la tassazione delle grandi aziende tecnologiche e non affronta le altre barriere non tariffarie, che Trump criticherebbe.
L’export dell’Unione Europea verso gli Stati Uniti rappresenta circa il 20% del totale. Secondo stime di Pimco, questo accordo potrà costare un punto percentuale del prodotto interno lordo europeo. I 27 Stati membri, quindi, hanno di nuovo l’opportunità di diversificare i propri mercati, facilitando l’accesso a nuove aree come il Mercosur, che comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, oltre all’India.
Ci sono sfide significative da affrontare, tra cui la necessità di disinnescare i cosiddetti dazi interni, rappresentati da burocrazia, normative disparate, e le tentazioni nazionalistiche, unitamente agli usi ambigui dei poteri straordinari. Si preannuncia un programma vasto e complesso. In attesa, saranno necessari sostegni efficaci. Se da una parte vi è resa, dall’altra si configura l’accordo come un male minore, sancendo l’affermazione del protezionismo americano come nuova normalità. È solo il primo round di una contesa che potrebbe rivelarsi lunga e complessa. La transizione da una fase di stabilità a quella di incertezze è, in effetti, molto rapida.